L’autolesionismo dell’invidia – Lunedì della III settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Lunedì della III settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
2Sam 5,1-7.10 Sal 88
Dio onnipotente ed eterno,
guida le nostre azioni secondo la tua volontà,
perché nel nome del tuo diletto Figlio
portiamo frutti generosi di opere buone.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dal secondo libro di Samuèle (2Sam 5,1-7.10)
Tu pascerai il mio popolo Israele.
In quei giorni, vennero tutte le tribù d’Israele da Davide a Ebron, e gli dissero: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne. Già prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha detto: “Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele”». Vennero dunque tutti gli anziani d’Israele dal re a Ebron, il re Davide concluse con loro un’alleanza a Ebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re d’Israele.
Davide aveva trent’anni quando fu fatto re e regnò quarant’anni. A Ebron regnò su Giuda sette anni e sei mesi e a Gerusalemme regnò trentatré anni su tutto Israele e su Giuda.
Il re e i suoi uomini andarono a Gerusalemme contro i Gebusei che abitavano in quella regione. Costoro dissero a Davide: «Tu qui non entrerai: i ciechi e gli zoppi ti respingeranno», per dire: «Davide non potrà entrare qui». Ma Davide espugnò la rocca di Sion, cioè la Città di Davide.
Davide andava sempre più crescendo in potenza e il Signore, Dio degli eserciti, era con lui.
La carità pastorale
Con un breve accenno si racconta il modo con il quale Davide sale al trono. Non c’è alcuna traccia di intrighi di corte, ma tutto avviene alla luce del sole e soprattutto è un evento di popolo. Non c’è nessuna imposizione, né da parte di Dio, né di Davide e neanche del popolo. L’elezione e la consacrazione di Davide è il risultato dell’incontro tra l’azione di Dio e il riconoscimento di essa da parte del popolo, tra la grazia e l’obbedienza. Infatti, i capi di Israele fanno una professione di fede in Dio e di obbedienza al re. Lo benedicono perché gli riconoscono l’autorità conferitagli da Dio e si dichiarano disposti all’alleanza affinché si rafforzi il legame di mutua appartenenza. L’origine della regalità è in Dio ma l’inizio pratico dipende dall’iniziativa del popolo e dei suoi responsabili. Il prosieguo dell’esercizio del governo e il suo successo dipendono dal rapporto che il re instaura con Dio e il popolo. La regalità si regge, dunque, sulla relazione di ascolto e di dialogo a tre: Dio, re e popolo. In questo consiste la carità pastorale.
+ Dal Vangelo secondo Marco Mc 3,22-30
Satana è finito.
In quel tempo, gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni».
Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito.
Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa.
In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna».
Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro».
L’autolesionismo dell’invidia
Il Libro della Sapienza afferma che: «La morte è entrata nel mondo a causa dell’invidia del diavolo e ne fanno esperienza quelli che gli appartengono». L’invidia è la caratteristica propria di Satana; consiste nel colorare di nero ogni cosa, sicché anche il bene diventa male. Dall’alto della loro presunta autorità gli scribi di Gerusalemme scendono in Galilea per emettere il loro giudizio contro Gesù giustificandolo con l’accusa che egli in realtà è il principe dei demoni; lo dimostrerebbe il fatto che gli spiriti impuri gli obbediscono quando egli li scaccia. La delegazione degli scribi, che avrebbe dovuto verificare ciò che realmente accadeva in Galilea, invece emette una sentenza basata su una interpretazione della realtà. Proprio loro, gli scribi, conoscitori della Parola di Dio avrebbero dovuto riconoscere meglio di chiunque altro che in Gesù si stavano compiendo le Scritture. Invece sono acciecati dall’invidia e dall’orgoglio e, confondendo il bene col male, sviano anche quelli che danno loro credito. Sono guide cieche che pretendono di condurre altri ciechi non rendendosi conto di star cadendo in un burrone. Gli scribi fanno il gioco di satana, il grande accusatore, colui che mette l’uno contro l’altro. Ma chi fa guerra a suo fratello in realtà distrugge sé stesso. Chi incarna la parte dell’avversario è finito. A tal proposito è illuminante la rappresentazione che Giotto fa dell’invidia nella Cappella degli Scrovegni. Si tratta di un personaggio mostruoso, cieco, dalla cui bocca esce un serpente pronto ad avvelenare con il suo morso il viso stesso dell’invidioso. L’invidia si manifesta attraverso parole calunniose riversate sugli altri come acido corrosivo che deturpa e distrugge. Accecati dall’orgoglio si sparge veleno con illazioni, giudizi cattivi e sentenze ingiuste. Gesù non cede alla provocazione e non contrattacca ma risponde alla insensatezza del loro parlare con un ragionamento lineare e reale. Benché siano ostinati e cocciuti il Maestro non rinuncia al dialogo e alla logica dell’andare contro il nemico da combattere egli oppone quella dell’andare verso l’altro per conquistare un fratello. L’invidia ha un effetto autolesionista che dà la morte a chi si lascia dominare da essa. La bestemmia contro lo Spirito Santo è il rifiuto a lasciarsi vincere dall’amore di Dio. La Parola di Gesù che perdona, risana, risuscita va accolta con umiltà e gratitudine perché veramente possa fruttificare. Lasciamoci vincere dalla bellezza di Dio e avvolgere dal suo Amore che scioglie i nodi del peccato e ci libera dai pesi dell’orgoglio. Incontrarlo nella Parola e nell’Eucaristia ci aprirà gli occhi per riconoscerlo come nostro Salvatore e accogliere gli altri come nostri fratelli.
Signore Gesù, Tu che fai casa con noi, ci edifichi come Tempio di Dio di cui Tu sei la pietra d’angolo che i malvagi hanno scartato ma che il Padre ha scelto e ha posto come fondamento della Chiesa. Aiutaci a riconoscere dentro di noi la voce dell’invidia il cui veleno acceca e rovina le relazioni umane. Lo Spirito Santo purifichi il nostro cuore dall’orgoglio che alimenta la sfiducia e la diffidenza perché diventi capace di accogliere nell’intimo la grazia di Dio che sana le ferite del peccato, rinsalda i legami affettivi unendo le nostre anime nel vincolo della carità fraterna.