Non fermarti a quello che senti a pelle ma ascolta ciò che suggerisce il cuore – Giovedì della I settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Giovedì della I settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
1Sam 4,1-11 Sal 43
Ispìra nella tua paterna bontà, o Signore,
i pensieri e i propositi del tuo popolo in preghiera,
perché veda ciò che deve fare
e abbia la forza di compiere ciò che ha veduto.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dal primo libro di Samuèle 1Sam 4,1-11
Israele fu sconfitto e l’arca di Dio fu presa.
In quei giorni i Filistei si radunarono per combattere contro Israele. Allora Israele scese in campo contro i Filistei. Essi si accamparono presso Eben-Ezer mentre i Filistei s’erano accampati ad Afek. I Filistei si schierarono contro Israele e la battaglia divampò, ma Israele fu sconfitto di fronte ai Filistei, e caddero sul campo, delle loro schiere, circa quattromila uomini.
Quando il popolo fu rientrato nell’accampamento, gli anziani d’Israele si chiesero: «Perché ci ha sconfitti oggi il Signore di fronte ai Filistei? Andiamo a prenderci l’arca dell’alleanza del Signore a Silo, perché venga in mezzo a noi e ci liberi dalle mani dei nostri nemici».
Il popolo mandò subito alcuni uomini a Silo, a prelevare l’arca dell’alleanza del Signore degli eserciti, che siede sui cherubini: c’erano con l’arca dell’alleanza di Dio i due figli di Eli, Ofni e Fineès. Non appena l’arca dell’alleanza del Signore giunse all’accampamento, gli Israeliti elevarono un urlo così forte che ne tremò la terra.
Anche i Filistei udirono l’eco di quell’urlo e dissero: «Che significa quest’urlo così forte nell’accampamento degli Ebrei?». Poi vennero a sapere che era arrivata nel loro campo l’arca del Signore. I Filistei ne ebbero timore e si dicevano: «È venuto Dio nell’accampamento!», ed esclamavano: «Guai a noi, perché non è stato così né ieri né prima. Guai a noi! Chi ci libererà dalle mani di queste divinità così potenti? Queste divinità hanno colpito con ogni piaga l’Egitto nel deserto. Siate forti e siate uomini, o Filistei, altrimenti sarete schiavi degli Ebrei, come essi sono stati vostri schiavi. Siate uomini, dunque, e combattete!».
Quindi i Filistei attaccarono battaglia, Israele fu sconfitto e ciascuno fuggì alla sua tenda. La strage fu molto grande: dalla parte d’Israele caddero trentamila fanti. In più l’arca di Dio fu presa e i due figli di Eli, Ofni e Fineès, morirono.
Illusione religiosa
I rapporti tra gli Ebrei e i Filistei (attuali Palestinesi) non sono mai stati pacifici, ma sempre conflittuali per il tentativo di sottomettere l’altro al proprio dominio. La sconfitta militare sa sorgere degli interrogativi: perché la sconfitta? La risposta sta nell’assenza dell’arca dell’Alleanza. Gli Ebrei nel fallimento si ricordano di Dio e portano l’arca in mezzo all’accampamento. Certi di avere le spalle coperte, attaccano i Filistei. La battaglia finisce ancora con una sconfitta degli Ebrei. Il narratore sottilmente induce il lettore a porsi la stessa domanda degli Ebrei all’indomani della prima sconfitta. La risposta è chiara: non è Dio ad essere distante, ma è l’uomo che, benché attui gesti cultuali, ad avere il cuore lontano da Lui. Anzi, il tentativo di strumentalizzare Dio lo allontana ancora di più perché cade nel peccato dell’idolatria: invece di servire Dio, ascoltando la sua Parola, ci si serve di Dio con l’intento di utilizzare a proprio vantaggio la sua potenza. Il peccato rende schiavi perché è la risposta che diamo al malvagio desiderio di essere sugli altri e non a servizio dei fratelli.
+ Dal Vangelo secondo Marco Mc 1,40-45
La lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito, la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
Non fermarti a quello che senti a pelle ma ascolta ciò che suggerisce il cuore
Il termine lebbra nel linguaggio biblico comprende varie tipologie di malattia della pelle. L’epidermide è soglia che mette in comunicazione l’esterno con l’interno del corpo, la parte interiore e invisibile della persona con quella visibile. La malattia della pelle era considerata contagiosa come il peccato che è pericoloso non solo perché aggredisce la persona ma anche chi entra in contatto con essa. La lebbra era considerata come l’atto di accusa di Dio scritto sulla pelle in modo che tutti fossero consapevoli del peccato per mantenersi a debita distanza da esso. Si comprende allora perché il lebbroso preghi di essere purificato, cioè di essere perdonato. La lebbra, come appunto il peccato, è un male che solo Dio può sanare. La legge dell’Antico Testamento, che faceva divieto di toccare un lebbroso, esprimeva una verità che spesso oggi non è accolta: esiste il peccato, cioè il male generato dai pensieri, parole, azioni erronee. La denuncia del peccato è letta come un giudizio sulla persona, sicché molto spesso essa viene rimandata al mittente con sdegno. Il vero problema sorge quando noi stessi non riconosciamo l’evidenza del peccato scritta sulla nostra pelle, cioè nel modo pensare (male), parlare (male), agire (male). Il corpo, sia nella sua dimensione psicologica sia in quella fisica, non mente mai. L’uomo che prega davanti a Gesù innanzitutto ascolta il suo corpo, che gli racconta il suo peccato. La guarigione può avvenire solo se si chiede aiuto e lo si accetta. Non si tratta di un male congenito, ma di una drammatica omissione nella scelta della relazione vitale con Dio. Chi si chiude alla relazione con Dio non trasgredisce tanto un comando esterno, ma si procura un male che si riverbera nelle relazioni con gli altri. Se l’origine del male è chiudersi alla relazione di aiuto, la terapia inizia col chiedere aiuto nella relazione con Dio e con i fratelli.
Il lebbroso chiede a Gesù di purificarlo, cioè di aiutarlo a riallacciare la relazione con Dio. Gesù viene incontro ad ogni uomo proprio per questo! La compassione che Gesù prova per quell’uomo gli permette di passare dalla pelle di quell’uomo, in cui era scritta la denuncia del suo peccato, al suo cuore che mendicava aiuto nel ricominciare ad amare Dio e i fratelli. Gesù tende la mano per colmare la distanza tra Dio e l’uomo ma al tempo stesso per riaffermare la differenza che c’è tra il bene e il male. La misericordia non trasforma il male in bene, ma colui che soffre a causa del peccato in un uomo libero dal male e gioioso nel compiere il bene. Attraverso il contatto fisico Gesù condivide la sua vita, lo Spirito Santo che lo unisce al Padre in una relazione di amore che dà pace. Toccare è più che dare! Gesù, entrando in contatto con quell’uomo, non gli dona qualcosa che poi potrà perdere, ma, purificandolo, cioè perdonandolo, lo introduce nell’amicizia con Dio che non perderà mai fino a quando non sarà lui stesso a rifiutarla di nuovo.
Signore Gesù, come quel lebbroso vorrei vincere tutte le resistenze a presentarmi davanti a te per chiedere il tuo aiuto. La vergogna per il senso di colpa mi porta spesso a nascondermi al tuo sguardo perché pretendo di sostituire te col mio io e giudicarmi. Mi capita di fermarmi alla pelle e non ascoltare il cuore che mi dice: cerca il suo volto! Quanto è bello ascoltare la sua voce che, come il suono di un ruscello, genera in me la sete di te! Ed è allora che dal cuore nasce la mia preghiera: io lo so, tu lo vuoi, perdonami, dammi vita, abbracciami, fammi sentire il calore della tua maternità e la sicurezza della tua paternità!