LA MANGIATOIA DEL CUORE – NATALE DEL SIGNORE – MESSA DELL’AURORA – Lectio divina
LA MANGIATOIA DEL CUORE
Signore, Dio onnipotente,
che ci avvolgi della nuova luce del tuo Verbo fatto uomo,
fa’ che risplenda nelle nostre opere
il mistero della fede che rifulge nel nostro spirito.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dal libro del profeta Isaìa Is 62,11-12
Ecco, arriva il tuo Salvatore.
Ecco ciò che il Signore fa sentire
all’estremità della terra:
«Dite alla figlia di Sion:
Ecco, arriva il tuo salvatore;
ecco, egli ha con sé il premio
e la sua ricompensa lo precede.
Li chiameranno Popolo santo,
Redenti del Signore.
E tu sarai chiamata Ricercata,
Città non abbandonata».
È nato il nostro Salvatore
Un piccolo poema (Is 62, 10-12) conclude i capitoli 60-62 che riprendono il tema della consolazione operata da Dio nei confronti del popolo duramente provato dalle guerre e dall’esilio. È Lui stesso che si rivolge al popolo presentandosi come il salvatore. Egli non ha in mano le armi della punizione ma porta con sé il dono di un nome nuovo. Il nome indica l’identità. Chi pretende di farsi un nome presume di essere lui l’unico artefice della sua vita. Al contrario, chi si lascia chiamare per nome e lo accetta, aderisce anche alla missione che quel nome rivela. Dio ci fa figli suoi dandoci il suo nome. In tal modo ciò che di più profondo appartiene alla sua identità viene partecipata all’uomo. I riscattati del Signore passano dalla dipendenza dal male, che spersonalizza e riduce a numero, all’appartenenza a Dio come figli che condividono con Lui la ricchezza del suo amore paterno e materno. Essi non subiscono l’umiliazione dei potenti di questo mondo ma godono dell’amorevolezza del loro Sposo e Padre.
Salmo responsoriale Sal 96
Oggi la luce risplende su di noi.
Il Signore regna: esulti la terra,
gioiscano le isole tutte.
Annunciano i cieli la sua giustizia
e tutti i popoli vedono la sua gloria.
Una luce è spuntata per il giusto,
una gioia per i retti di cuore.
Gioite, giusti, nel Signore,
della sua santità celebrate il ricordo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito Tt 3,4-7
Ci ha salvati per la sua misericordia.
Figlio mio,
quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro,
e il suo amore per gli uomini,
egli ci ha salvati,
non per opere giuste da noi compiute,
ma per la sua misericordia,
con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo,
che Dio ha effuso su di noi in abbondanza
per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro,
affinché, giustificati per la sua grazia,
diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna.
Salvati per grazia
Per Paolo la salvezza è sinonimo di giustificazione, ovvero di santificazione. Fine della nostra vita è diventare santi, raggiungere, cioè la pienezza dell’amore in Dio. Egli sin dall’origine ci offre vocazione di essere suoi figli, eredi della vita eterna, ovvero, la vita stessa di Dio che ama totalmente, fedelmente, gratuitamente ed eternamente. Non diventiamo santi mediante le nostre opere ma esse diventano le opere di Dio nella misura in cui, lasciandoci riconciliare e rigenerare dallo Spirito Santo, gli permettiamo di agire in noi per diventare riflesso e trasparenza del suo amore misericordioso.
+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 2,15-20
I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino.
Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere».
Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
LECTIO
La terza scena (vv. 15-20) racconta l’incontro tra i pastori e la famiglia di Nazaret. Il ritorno in cielo degli angeli sancisce la conclusione della loro missione nella quale era stata annunciata la nascita del Salvatore, era stato dato il segno e, infine, era stato intonato un inno di lode. Nell’indicazione del segno era implicito l’invito ad andare a Betlemme per cercare il bambino. Il messaggio angelico suscita nei pastori la gioia, comunicata dal Vangelo, che li spinge a fare un pellegrinaggio verso la città di Davide con desiderio di ri-conoscere ciò che il Signore ha fatto conoscere per mezzo degli angeli. L’evento (letteralmente: la parola-azione accaduta) appreso va compreso mediante una esperienza diretta. La visione angelica induce i pastori a mettersi in cammino seguendo le indicazioni offerte dal segno. La ricerca li conduce alla mangiatoia intorno alla quale ci sono Maria e Giuseppe che vegliano il bambino neonato. I pastori si rendono conto che il vangelo ricevuto è qualcosa di estremamente concreto come lo sono le persone nella cui vita prende forma la salvezza. La parola di Dio non è una teoria immaginifica o la proiezione onirica delle umane aspirazioni ma è un fatto storico visibile e udibile come lo può essere un bambino che dorme in braccio alla sua mamma. I pastori diventano testimoni della credibilità del vangelo che getta luce sull’opera della salvezza condotta da Dio. L’annuncio del Vangelo apre gli occhi della mente e li illumina con la fede per vedere in maniera intelligente la realtà e cogliere Dio all’opera. Il dono della gioia apre il cuore per tradurre la speranza in cammino di ricerca, per fare esperienza della Parola, per realizzare l’incontro con il Mistero. Gli occhi dei pastori vedono un bambino nella mangiatoia, il loro cuore crede che sia il Salvatore, la loro bocca narra riecheggiando la parola del Vangelo che hanno ascoltato e contemplato. Catechizzando coloro che incontrano attraverso il racconto della loro esperienza, i pastori diventano testimoni di fede ed evangelizzatori. Il Vangelo proclamato dai pastori non è una favola artificiosamente inventata che alimenta attese illusorie ma è una parola vera che suscita meraviglia perché in essa c’è la fede, ovvero la voce di Dio. Per molti le parole dei pastori suonano come una novità assoluta. Per Maria, che già era stata evangelizzata dall’angelo Gabriele, le parole dei pastori le giungono come una conferma. Ella ascolta la Parola, la custodisce e la medita. Come i pastori che all’aperto vegliavano sul gregge, anche Maria custodisce con fare protettivo la Parola di Dio che diventa evento. La sua maternità non si è compiuta nel momento del parto, ma richiede di essere ancora maturata. Non è tutto chiaro nel cuore di Maria nel quale rimangono aperti tanti interrogativi: che sarà di questo figlio? Come si realizzerà la promessa messianica di Dio ribadita dagli angeli? La Pasqua di Gesù sarà la risposta definitiva alle domande degli uomini che, ponendosi con fede a servizio di Dio, ricercano la sua volontà e la attuano nella carità fraterna. La fede non può ridursi a conoscenza di cronaca o a speculazione mentale, ma essa matura nell’esperienza diretta dell’amore che si fa realtà nella carne delle persone. Solo la fede incarnata nelle relazioni diviene esperienza di gioia intima e profonda che fa sgorgare dal cuore canti di benedizione e di lode. I pastori, gente umile e semplice, che conoscono la fatica della vita e del lavoro, diventano come gli angeli che intonano l’inno di gloria a Dio. Essi non ritornano semplicemente alla vita di prima ma partono dalla mangiatoia di Betlemme portando negli occhi e nel cuore il segno dell’amore di Dio, seme e luce di speranza per tutti gli uomini.
MEDITATIO
La mangiatoia del cuore
Ogni nascita è una festa perché alle grida di dolore per le doglie del parto segue il pianto liberatorio del neonato che canta la vittoria della vita sulla morte. Nel bambino Gesù è annunciata l’iniziativa di Dio che viene per riscattarci dalla schiavitù del peccato e renderci figli suoi. Al di là delle luci che rendono allegre le strade centrali delle città, brulicanti di gente alla ricerca dei regali da fare o degli acquisti per le cene e i pranzi festivi, appena fuori dal recinto commerciale, c’è un mondo in cui l’ansia e la paura la fanno da padroni. Spesso siamo abbagliati dalle lusinghe pubblicitarie e da modelli che ci suggeriscono stili di vita in dissonanza e in distonia con il desiderio di amore che portiamo nel cuore. La cultura dominante ci induce a credere che si può diventare adulti, liberi ed emancipati, nello stesso modo con cui si allevano gli animali per renderli pronti alla macellazione nel più breve tempo possibile per soddisfare la richiesta sempre crescente della fame insaziabile di pochi. Mentre siamo distratti da mille preoccupazioni mondane e dai nostri sogni di grandezza, Dio ci mostra un bambino che giace inerme nella mangiatoia. È lui il segno che offre alla nostra contemplazione. Non si tratta di fissare lo sguardo perso nel vuoto di verità astratte, ma di guardare innanzitutto dentro di noi, lì dove il Signore ha posto la sua dimora. La mangiatoia, luogo più interno della dimora umana, altro non è che il nostro cuore, lì dove risuona la voce dello Spirito che, come i vagiti di bambino, chiede un po’ di attenzione nei suoi confronti. Ha da dirci una cosa tanto importante, quanto essenziale, per la nostra vita: Io ti amo. Non sono parole di circostanza, né rituali, o vuote di senso. Non c’è nulla di più semplice e di più vero delle parole che nascono da un cuore che ama liberamente e gratuitamente, come è appunto quello di Dio. Gesù, Parola di Dio, è la voce del Dio Bambino, che si è fatto debole con i deboli, povero tra i poveri, ha condiviso la fragilità e la precarietà della condizione umana caricandosi delle nostre infermità. La parola dell’amore che crea sgorga dal cuore amante di Dio. Solo l’amore crea. Egli, che fa sua la nostra debolezza perché sia nostra la sua forza, condivide con noi la nostra povertà per parteciparci l’infinita ricchezza della sua misericordia, ci chiede di accoglierlo. La creazione non è la produzione del mondo esistente ma è l’opera di Dio che sapientemente intesse la relazione familiare con tutte le sue creature. Egli non solo è il costruttore della Casa comune ma è Colui che vuole abitarla con noi. Facendosi figlio dell’uomo, Dio si fa servo dell’umanità perché coloro che si pongono al servizio di Dio siano rigenerati come suoi figli ed eredi della vita eterna. Nel Natale del Signore appare chiaramente lo stile con il quale Dio dialoga con l’uomo: non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non cerca il suo interesse… (1Cor 12). In un mondo in cui si gareggia ad ostentare la propria forza aggressiva, con tutto il carico delle conseguenze disastrose, e si invoca addirittura il favore divino per legittimare l’istinto di dominio che semina morte e sofferenza, Dio sceglie un’altra via per farsi vicino ed esercitare la sua sovranità. Scegli la via della povertà, della mitezza, della narrazione di sé mediante le parole silenziose dei suoi atti di misericordia. Non di rado la Parola di Dio cade nel vuoto o le lasciamo scivolare addosso. Maria, invece, è per noi modello di credente che custodisce nel cuore la parola di Dio e la medita permettendo ad essa di fruttificare in parole di lode, supplica e ringraziamento in gesti di solidarietà fraterna. A Dio che chiede di essere ascoltato e accolto, l’uomo risponde con la richiesta di ricevere il pane quotidiano della Parola che lo nutre, lo sazia e lo rende fratello e amico di tutti. Tanto più frequentemente ci accostiamo alla mangiatoia dell’altare per ricevere il nutrimento dello Spirito, tanto più gli occhi del cuore si apriranno per riconoscere e contemplare Dio lì dove eravamo abituati a vedere solamente il male e ad aprire la nostra bocca, non solo per nutrirsi dei beni della terra, ma anche per far uscire parole di lode, ringraziamento, perdono, consolazione, incoraggiamento e di speranza per tutti.
ORATIO
Signore Gesù,
Parola pronunciata dal cuore del Padre,
nel mondo lacerato da guerre e discordie
porti la pace,
nel cosmo lasciato all’incuria e
violentato dalla cinica avidità
semini la giustizia,
nella famiglia umiliata
dall’egoismo individualista e
accecata dai rancori
doni la luce dell’amore di Dio.
Con la forza della mitezza
vinci ogni resistenza interiore
che ci impedisce di ascoltare e
interiorizzare la tua Parola.
Aiutaci a riconoscerla
nella bellezza del creato,
nella verità degli eventi storici,
nella vita di ogni fratello e sorella
che custodiscono la fiamma
dell’eterno amore divino
che nulla può spegnere
e che la fede e la speranza
può tenere accesa. Amen.