Il giorno della verità – Venerdì della XXXII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari) – Santa Elisabetta d’Ungheria

Il giorno della verità – Venerdì della XXXII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari) – Santa Elisabetta d’Ungheria

14 Novembre 2023 0 Di Pasquale Giordano

Venerdì della XXXII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari) – Santa Elisabetta d’Ungheria

Sap 13,1-9   Sal 18  

O Dio, che a santa Elisabetta hai dato la grazia di riconoscere

e onorare Cristo nei poveri, concedi a noi, per sua intercessione,

di servire con instancabile carità

coloro che si trovano nella sofferenza e nel bisogno.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal libro della Sapienza Sap 13,1-9

Se sono riusciti a conoscere tanto da poter esplorare il mondo, come mai non ne hanno trovato più facilmente il sovrano?

Davvero vani per natura tutti gli uomini

che vivevano nell’ignoranza di Dio,

e dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che è,

né, esaminandone le opere, riconobbero l’artefice.

Ma o il fuoco o il vento o l’aria veloce,

la volta stellata o l’acqua impetuosa o le luci del cielo

essi considerarono come dèi, reggitori del mondo.

Se, affascinati dalla loro bellezza, li hanno presi per dèi,

pensino quanto è superiore il loro sovrano,

perché li ha creati colui che è principio e autore della bellezza.

Se sono colpiti da stupore per la loro potenza ed energia,

pensino da ciò quanto è più potente colui che li ha formati.

Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature

per analogia si contempla il loro autore.

Tuttavia per costoro leggero è il rimprovero,

perché essi facilmente s’ingannano

cercando Dio e volendolo trovare.

Vivendo in mezzo alle sue opere, ricercano con cura

e si lasciano prendere dall’apparenza

perché le cose viste sono belle.

Neppure costoro però sono scusabili,

perché, se sono riusciti a conoscere tanto

da poter esplorare il mondo,

come mai non ne hanno trovato più facilmente il sovrano?

I segni del creato rimandano alla gloria del Creatore

L’autore del Libro della Sapienza, dopo aver ripercorso le tappe fondamentali della storia della salvezza in cui l’unico e vero Dio si è manifestato nella sua onnipotenza liberando Israele dalla schiavitù degli Egiziani e conducendoli nella terra promessa, critica i culti pagani che idolatrano gli elementi della natura. L’uomo da sempre è rimasto impressionato e affascinato dalla forza e dalla bellezza della natura. Chi scrive giudica come stolto l’uomo che, sebbene religioso, non riesce a comprendere che la bellezza che contempla nella natura e la potenza dei suoi elementi sono segni che rimandano ad una bellezza e ad una forza superiori, la Sapienza di Dio. Tutto canta la gloria di Dio: «I cieli narrano la gloria di Dio e il firmamento annuncia che è opera della sue mani» (Sal 18). La multiforme bontà del creato suggerisce espressioni di lode indirizzate al Creatore. Il vero culto è l’eucaristia perché è l’unico sacrificio vivo e che vivifica chi lo compie, al contrario dei culti pagani con i quali s’intende conquistare dagli idoli quello che l’unico e vero Dio elargisce per pura grazia. La preghiera di lode e di ringraziamento dispone chi la offre a ricevere con frutto i doni della Provvidenza.   

+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 17,26-37

Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti.

Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.

In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot.

Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva.

Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata».

Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».

Il giorno della verità

Noè e Lot sono due personaggi biblici protagonisti di alcune vicende raccontate nel libro della Genesi. Entrambi si salvano dalla morte perché obbediscono alla voce di Dio che a Noè dà l’incarico di costruire una barca, abbastanza grande da poter ospitare almeno una coppia per ogni specie di esseri viventi, prima del diluvio e ordina a Lot di uscire dalla città di Sodoma prima della sua distruzione. Essi si distinguono dagli altri che invece continuano a condurre una vita che sembra normale ma che invece si rivela fallimentare perché non resistono all’onda d’urto delle vicende storiche. La routine della vita ci porta a fare sempre le stesse cose, ma esse diventano nuove nella misura in cui sono fatte con amore e per amore e non semplicemente per sé stessi, per abitudine o per convenzione. Il contesto sociale nel quale viviamo non è dissimile da quello evocato da Gesù e caratterizzato da uno stile di vita materialistico. Mangiare, bere, sposarsi, lavorare, sono le attività comuni degli uomini e delle donne. Questa è la normalità! Cosa è che non va? Semplicemente non va il fatto che attraverso le attività della vita non si cresce umanamente se si vive come macchine, il cui fine è solo produrre quello che serve per la propria sussistenza. Questo non significa vivere, ma è “tirare a campare”, vivacchiare. C’è chi pensa che salvare la propria vita significa semplicemente realizzare i propri sogni e desideri; ma la storia insegna che ragionare in questo modo vuol dire incamminarsi verso un finale tragico, non solo perché non si riesce ad essere veramente felici e soddisfatti, ma si perde anche quello che si è cercato di realizzare. Perdere la vita per Gesù vuol dire fidarsi di Lui, seguirlo e imitarlo. Come Noè e Lot anche Gesù va controcorrente ed è in dissonanza con la cultura che esalta il piacere e mortifica la dignità umana. Nel tempo della tribolazione egli non si tira indietro e non torna sui suoi passi per salvare sé stesso, ma obbedisce fino in fondo alla voce dello Spirito che lo porta a offrire la sua vita sulla croce per amore. Proprio perché si spoglia della gloria divina rivestendo fino alla fine i panni del servo della volontà di Dio, Gesù viene esaltato e vive per sempre.

Signore Gesù, Tu che davanti alla prospettiva della morte non ti sei tirato indietro ma hai offerto la tua vita sulla croce perché noi fossimo salvati, aiutaci a tenere il cuore sempre attento alla voce di Dio affinché non cadiamo nella trappola della mondanità che ci rende come macchine, fredde e tristi, destinate solo a produrre e a consumare. Insegnaci che la vita è bella non solo quando ci riserva soddisfazioni e successi, ma soprattutto quando diventa dono per Dio e aiuto concreto a chi è in difficoltà. Dacci la forza di rinunciare a ciò che alimenta l’egoismo e ci rende isole di un arcipelago di solitudine. Fa che, incontrandoti nella stanza segreta della coscienza, nella casa comune dei fratelli riuniti nel tuo nome, nelle periferie esistenziali della storia, sappiamo cogliere sempre l’occasione di ascoltare la tua Parola per distogliere l’ attenzione dal nostro io e riconoscere nei fratelli i destinatari dell’ amore che Tu hai riversato nel cuore.