Parole senza sguardi sono parole mute – Venerdì della XXX settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Venerdì della XXX settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Rm 9,1-5 Sal 147
Dio onnipotente ed eterno,
accresci in noi la fede, la speranza e la carità,
e perché possiamo ottenere ciò che prometti,
fa’ che amiamo ciò che comandi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani Rm 9,1-5
Vorrei essere io stesso anàtema, separato da Cristo, a vantaggio dei miei fratelli.
Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua.
Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.
La passione e compassione
Chi ha conosciuto Cristo e si è lasciato amare da Lui, come Paolo, non vive la fede come un fatto intimistico e personalmente gratificante, ma condivide questa scoperta e questa gioia con gli altri, soprattutto con quelli che gli sono più vicini. Quanto dolore provoca nell’apostolo il rifiuto di molti Israeliti ad accogliere il Vangelo di Cristo e con esso la grazia di Dio. Essi non hanno compreso che Gesù, loro fratello nella carne, è il Figlio di Dio, il Messia promesso per portare a compimento le promesse e stipulare l’alleanza definitiva con la quale diventare definitivamente quello che già si è per vocazione e grazia, santi. L’impulso passionale dell’apostolo e il suo zelo di evangelizzatore lo porterebbe a sacrificare sé stesso per la conversione dei suoi fratelli. Il suo più profondo desiderio è la riconciliazione con i suoi fratelli per giungere alla comunione della fede in Cristo Gesù. Paolo avverte questo impulso dello Spirito che è lo stesso per il quale Gesù, caricandosi dei peccati di tutti gli uomini, è diventato peccato per riscattarci dalla schiavitù e riconciliarci col Padre. Per il bene della comunione Paolo Accetta di unire il suo dolore a quello di Cristo per trasformare questa tristezza in via concreta di speranza. La paura e la rabbia possono prendere il sopravvento e muovere a gesti autolesionisti o aggressivi. Ma se nella preghiera uniamo il nostro cuore a quello di Cristo, allora i suoi sentimenti e i suoi desideri diventano anche i nostri e l’azione dello Spirito trova una via più diretta per operare meraviglie.
+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 14,1-6
Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?
Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa.
Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole.
Parole senza sguardi sono parole mute
Il sabato è il comandamento con il quale viene messo un limite non tanto al lavoro quanto all’egoismo che ci disumanizza e ci rende schiavi degli idoli, opera delle nostre mani. Il rischio è quello di fare delle regole, anche di quelle divine, una realtà tanto fredda quanto rigida che da una parte ci dà la sensazione di appagamento e dall’altra ci rende incapaci di un vero contatto con la realtà e con l’umano che lo abita. L’osservanza del sabato dovrebbe educarci a non fermarci a giudicare il comportamento delle persone ma ad entrare in una relazione con esse in modo tale da poter sentire compassione di loro. Gesù prende consapevolezza di essere davanti ad un uomo malato del quale coglie il desiderio di essere guarito. Assumendo lo stesso sguardo di compassione di Gesù scopro il senso autentico del comandamento di Dio. Parole senza sguardi sono parole mute, come quelle dei dottori della legge e dei farisei. Lo sguardo di compassione permette che l’incontro diventi contatto, la relazione si riveli come esperienza di liberazione e la Parola di Dio acquisti il suo senso pieno e la sua efficacia.
Signore Gesù, Tu guardi con occhi di compassione ciascuno di noi e cogli il nostro desiderio più profondo di salvezza, insegnaci a non fermarci a giudicare l’apparenza e liberaci dall’ipocrisia di chi, attento più alle regole che alle persone, si nasconde dietro l’umana impotenza nel guarire i mali che affliggono l’uomo. Donaci il tuo stesso sguardo amorevole per renderci amabili agli occhi degli uomini, che solo in Dio possono trovare rifugio e salvezza. Mettiamo a servizio le nostre membra perché si compia la giustizia di Dio e rendi le nostre parole e i nostri gesti canali attraverso i quali possa passare la tua grazia che libera e sana.