Gesù, un’occasione da non perdere – Giovedì della XVI settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Gesù, un’occasione da non perdere – Giovedì della XVI settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

26 Luglio 2023 0 Di Pasquale Giordano

Giovedì della XVI settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Sii propizio a noi tuoi fedeli, o Signore,

e donaci in abbondanza i tesori della tua grazia,

perché, ardenti di speranza, fede e carità,

restiamo sempre vigilanti nel custodire i tuoi comandamenti.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal libro dell’Èsodo Es 19,1-2.9-11.16-20

Il Signore scenderà sul monte Sinai, alla vista di tutto il popolo.

Al terzo mese dall’uscita degli Israeliti dalla terra d’Egitto, nello stesso giorno, essi arrivarono al deserto del Sinai. Levate le tende da Refidìm, giunsero al deserto del Sinai, dove si accamparono; Israele si accampò davanti al monte.

Il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per venire verso di te in una densa nube, perché il popolo senta quando io parlerò con te e credano per sempre anche a te».

Mosè riferì al Signore le parole del popolo. Il Signore disse a Mosè: «Va’ dal popolo e santificalo, oggi e domani: lavino le loro vesti e si tengano pronti per il terzo giorno, perché nel terzo giorno il Signore scenderà sul monte Sinai, alla vista di tutto il popolo».

Il terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni e lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di corno: tutto il popolo che era nell’accampamento fu scosso da tremore. Allora Mosè fece uscire il popolo dall’accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte.

Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco, e ne saliva il fumo come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. Il suono del corno diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce.

Il Signore scese dunque sul monte Sinai, sulla vetta del monte, e il Signore chiamò Mosè sulla vetta del monte.

Il terzo giorno

Ricorre spesso l’aggettivo numerale terzo riferito al mese e al giorno. Questo aggettivo acquisterà il suo significato pieno con l’evento della risurrezione, appunto il terzo giorno (che non significa semplicemente tre giorni dopo). Il terzo giorno indica che il progetto di Dio ha raggiunto il suo culmine e il terzo mese sta a significare che il cammino d’Israele ha raggiunto il suo compimento. Il monte Sinai è il luogo dell’incontro tra Dio, che scende sulla vetta della montagna, e Israele che rimane a valle. La manifestazione di Dio avviene con segni tipici delle teofanie. Il suono del corno indica che il monte è il tempio in cui Dio abita e nel quale gli Israeliti sono invitati ad andare. Solo Mosè può salire sul monte perché lui è il profeta mediatore tra Dio e il popolo. La rivelazione non è privata ma pubblica; al contempo non è diretta ma mediata perché nessuno possa ergersi a interprete esclusivo della Parola. Il rapporto che Mosè ha con Dio non è privilegiato ed esclusivo ma è a servizio del bene del popolo di cui il profeta è parte integrante. Nella figura di Mosè si intravede quella di Gesù. Soprattutto nel vangelo di Giovanni Gesù è fatto segno delle accuse diffidenti dei Giudei come Mosè da parte dei suoi fratelli. La credibilità del profeta risiede nel verificarsi della parola che pronuncia perché se l’oracolo accade è segno che è veramente un uomo che viene da Dio. Mosè riceve la Parola da Dio che suona come impegno e promessa. La Parola si realizza come benedizione per chi crede e maledizione per chi si oppone.    


Salmo responsoriale (Dan 3)

A te la lode e la gloria nei secoli.

Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri,

benedetto il tuo nome glorioso e santo.

Benedetto sei tu nel tuo tempio santo, glorioso,

benedetto sei tu sul trono del tuo regno.

Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi

e siedi sui cherubini,

benedetto sei tu nel firmamento del cielo.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 13,10-17

A voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato.

In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?».

Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.

Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:

“Udrete, sì, ma non comprenderete,

guarderete, sì, ma non vedrete.

Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,

sono diventati duri di orecchi

e hanno chiuso gli occhi,

perché non vedano con gli occhi,

non ascoltino con gli orecchi

e non comprendano con il cuore

e non si convertano e io li guarisca!”.

Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!».

Gesù, un’occasione da non perdere

Per alcuni Gesù è una persona da ascoltare e osservare mentre per altri è uno da tenere sotto controllo. I primi si aprono all’accoglienza e all’incontro con il Signore offrendo un credito di fiducia, invece, i secondi si chiudono alla relazione trincerandosi dietro le paure alimentate dal pregiudizio. C’è chi mette alla prova chiedendo di vedere un segno o chi, facendo leva sull’autorità familiare, cerca di tirare Gesù dalla propria parte e richiamarlo all’ordine. Essi sono quelli che pur guardando non vedono e pur avendo gli orecchi funzionanti non ascoltano. Il loro cuore è ingabbiato in schemi umani rigidi che lo schermano davanti alla grazia di Dio offerta come occasione di conversione e guarigione. Chi riconosce a Gesù l’autorità che viene da Dio, e ad essa subordina la propria, si lascia introdurre da Lui nell’esperienza dell’intimità filiale col Padre. La storia non è un enigma come fosse un tesoro nascosto in un labirinto, ma diventa lo spazio e il tempo nel quale gustare l’amore di Dio che si fa vicino ad ogni uomo per guarirlo dal peccato che rende estranei i fratelli, gli uni agli altri. Gesù è l’occasione da non perdere per non perdersi. Ascoltare la Parola con cuore libero da ragionamenti terra-terra è la condizione per cogliere l’occasione di poter realizzare la nostra vera vocazione, il desiderio di felicità che Dio ha messo nel cuore di ciascuno. La felicità con Gesù non è un sogno che si intravede a distanza, come se fosse in un lontano orizzonte. Con Gesù questo orizzonte si è avvicinato e grazie a Lui, esso ci abbraccia coinvolgendoci nel movimento del cuore di Dio. Ascoltare la Parola di Gesù vuol dire fare nostro i tempi di Dio nei quali semina e fa crescere il seme gettato perché porti frutti di giustizia e pace.

Signore Gesù, narratore del Padre, che lo rendi visibile e prossimo ad ogni uomo, spargi a piene mani il seme della Parola perché nessuno di quelli che incontri rimanga arido e sterile. Guariscici dall’orgoglio che indurisce il cuore facendolo diventare refrattario all’azione della grazia di Dio. Il tuo Spirito renda i nostri sensi aperti a cogliere la tua presenza nei fratelli la cui storia incrocia la nostra, affinché possiamo venirci incontro reciprocamente con sentimenti di fiducia e amorevole compassione. Schiodaci dalle nostre convinzioni che hanno la pretesa di essere la verità e metti nel nostro cuore una salutare e gioiosa inquietudine che impedisce di accomodarci sugli scranni dei giudici. Consolati dalla dolcezza del tuo amore fa di noi i tuoi servitori che prendono dalle tue mani la sacca del seme della Parola per spargerlo in qualsiasi campo, col bello o il cattivo tempo, desiderosi solamente di offrire a tutti l’occasione di conoscerti, certi della sua efficacia e fiduciosi nell’accoglienza dei fratelli.