Dall’umanità umile nascono i frutti dello Spirito – Mercoledì della XV settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Dall’umanità umile nascono i frutti dello Spirito – Mercoledì della XV settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

18 Luglio 2023 0 Di Pasquale Giordano

Mercoledì della XV settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Es 3,1-6.9-12   Sal 102  

O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità

perché possano tornare sulla retta via,

concedi a tutti coloro che si professano cristiani

di respingere ciò che è contrario a questo nome

e di seguire ciò che gli è conforme.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal libro dell’Èsodo Es 3,1-6.9-12

L’angelo del Signore apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto.

In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb.

L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?».

Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.

Il Signore disse: «Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egiziani li opprimono. Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!».

Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire gli Israeliti dall’Egitto?». Rispose: «Io sarò con te. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte».

Vocazione e missione di Mosè

Mosè, costretto a fuggire, da una parte perde la sua libertà e l’appartenenza alla famiglia del faraone, ma dall’altra, partecipa più direttamente al dramma che stava colpendo il suo popolo. Nel suo vagare trova casa presso la famiglia di Ietro di cui sposa la figlia, entrando al suo servizio. Ietro era anche sacerdote di Madian; Mosè non solo si integra nella sua famiglia ma assimila anche la cultura e il culto di quel popolo straniero che lo ha accolto e fatto vivere. Tuttavia, mentre la sua vita sembrava ormai destinata ad essere condotta in un paese lontano in mezzo ad un popolo straniero, Dio si manifesta a lui affidandogli la missione di salvare il suo popolo. Non è più Mosè che va di sua spontanea volontà a trovare i fratelli ma è Dio che lo invia. Egli davanti al roveto ardente, che non si consuma, si avvicina per comprenderne il motivo, ma Dio lo rimprovera perché non può avvicinarsi al “fuoco” come vuole. Davanti al mistero, sia esso dell’iniquità o della salvezza, bisogna sempre avere un atteggiamento di prudenza e rispetto limitando la istintiva tendenza dominante e controllante. La manifestazione di Dio rivela che non solo quella terra, ma ogni “terrestre” appartiene a Dio e non può essere calpestata. È un messaggio rivolto a Mosè e, attraverso di lui, al faraone che umilia e terrorizza gli Israeliti. Mosè si copre il volto perché riconosce che è alla presenza di Dio e che la sua povertà renderebbe insostenibile la visione. È un gesto di umiltà e di timore reverenziale che comunque non gli impediscono di entrare in dialogo con Dio e di chiedere spiegazioni circa la missione affidatagli. Egli, che si era rivestito di autorità e aveva preteso di fare giustizia a modo suo, ora riceve autorevolezza dalla parola di Dio. Mosè non ottiene strumenti bellici o ricchezze per convincere il faraone a lasciar andare Israele ma andrà solamente forte del comando di Dio. Quanto più Mosè custodirà la Parola tanto più Dio sarà con lui manifestandone la potente efficacia. Il soggetto principale della liberazione è Dio e il suo fine è l’incontro del Popolo con Lui. Si delinea l’itinerario spirituale dell’esodo e la vocazione dell’intero popolo d’Israele: passare dalla schiavitù al servizio.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 11,25-27

Hai nascosto queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli.

In quel tempo, Gesù disse:

«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza.

Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».

Dall’ umanità umile nascono i frutti dello Spirito

Dopo la lamentazione Gesù loda il Padre perché, nella semplicità dei piccoli e nell’umanità che li contraddistingue, egli ritrova il centro della sua missione. Nel modo con il quale i piccoli accolgono la Parola, Gesù vive la bellezza dell’intimità col Padre nella quale essi sono pienamente coinvolti. Comprende che non deve rincorre i dotti e i sapienti nel tentativo di convincerli ma che nelle persone semplici, quelle che cercano l’essenziale e puntano direttamente al cuore delle cose, trova già chi è aperto e disponibile all’ascolto.

Il contrario dell’indifferenza che genera lamentele, insoddisfazioni e contrapposizioni è lo stupore, proprio dei piccoli che con gioia fanno festa per le cose semplici. Nel nostro mondo occidentale in cui l’accessorio è diventato più importante dell’essenziale, il superfluo indispensabile più del necessario, stiamo perdendo il gusto dell’ordinaria normalità e il sapore del godimento delle cose semplici. Per un nulla ci lamentiamo e per le cose più gravi ci disperiamo, diamo per scontato le briciole di bene che ci sfamano ma ci arrabbiamo se non siamo accontentati, vogliamo tutto e subito e non rinunciamo al «niente» che ci fa ammalare di banalità.

In quelle società povere di tecnologia e di confort ma ricche di umanità regna la gioia di vivere. In queste comunità o famiglie con poco si riesce a riempire la giornata di senso. Dietro il sorriso di un bambino c’è la soddisfazione di aver trovato compagni di gioco, nei suoi occhi che luccicano di gioia c’è l’esultanza di sentirsi voluto bene e di avere la possibilità di esprimere il suo amore, nella danza e nel canto esplode coinvolgente l’entusiasmo di una vita che non si ferma alla comodità di un divano ma esplora tutte le possibili vie per incontrarsi con i fratelli.

È dai piccoli di questo mondo che impariamo l’arte della creatività in cui in cui splende una scintilla del genio di Dio che dal nulla crea tutto, che compone con le cose semplici quelle più complesse, che trasforma la morte in vita, che fa germogliare dall’umiltà della terra i frutti dello Spirito, che riunisce i dispersi in unità, che libera dalle catene delle dipendenze e restituisce la dignità e la gioia di vivere.

Signore Gesù, per mezzo del quale tutto è stato creato, Tu che ti sei fatto il più piccolo tra gli uomini e nostro compagno nel gioco della vita, raccontami e introducimi nell’intimità d’amore che per mezzo dello Spirito ti unisce al Padre. Donami la tua semplicità d’animo per trovare nel groviglio delle preoccupazioni e tra il dedalo dei pensieri il sentiero che conduce all’essenziale. La tua Sapienza mi guidi a cercare sempre il volto del Padre per affidare al suo cuore ogni preoccupazione che affligge il mio animo.