L’ospite inatteso – XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

L’ospite inatteso – XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

30 Ottobre 2022 0 Di Pasquale Giordano

XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Sap 11,22-12,2   Sal 144   2Ts 1,11-2,2  

+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 19,1-10)

Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.

Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».

Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».

Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Incroci di sguardi

Zaccheo è uno di pubblicani e peccatori che erano attirati da Gesù, non già per un bisogno particolare, come poteva essere quello del cieco di Gerico, ma dalla curiosità. A ben vedere anche questa è una forma di “ispirazione” dello Spirito Santo. Pure Zaccheo, benché sia considerato l’emblema del peccatore – dirà Gesù – è figlio di Abramo e come tale ha ricevuto per grazia la promessa, cioè il dono della speranza. Anche se non ne è consapevole, pure il capo dei pubblicani di Gerico, come tutti coloro che desiderano incontrare Gesù, è mosso dallo Spirito. Alla luce di questa verità, celata tra le righe del racconto e poi portata alla luce dalle parole di Gesù, anche noi siamo chiamati a discernere i nostri desideri e a distinguere le nostre speranze per riconoscere quelle che sono ispirate dallo Spirito e quelle che appartengono alla carne. Zaccheo è un peccatore come tutti perché ha in sé stesso la tendenza all’avidità, a porre le sue certezze nei beni terreni. Tuttavia, è anche figlio di Dio nel quale abita lo Spirito.

L’incontro avviene nell’incrocio di sguardi, non per caso ma perché voluto da Gesù. Zaccheo avrebbe colto ben poco di lui se Gesù non avesse voluto farsi incontrare alzando lo sguardo. Il capo dei pubblicani scopre di essere conosciuto per nome e apprende l’intenzione di Gesù di fermarsi a casa sua. Per Zaccheo è una vera e propria rivelazione. Gesù inizia a mostrarsi, attraverso uno sguardo amico e rassicurante. Zaccheo si sente riconosciuto nella sua dignità e amato per quello che è. Non c’è alcun giudizio, ma solo la manifestazione di una volontà superiore: Gesù desidera abitare la casa degli uomini con gli uomini perché questa è la volontà di Dio. Non vuole essere servito, ma accolto come amico con il quale condividere quello che si ha e quello che si è.

Zaccheo incontra lo sguardo di Gesù che, pur essendo ricco si è fatto povero e pur essendo Signore del mondo si è abbassato alla condizione di servo dell’uomo. In quello sguardo e nelle parole che Gesù gli rivolge, scopre un mondo totalmente nuovo in cui è rovesciato l’ordine dei valori. Gesù lo invita ad entrare nel suo Regno in cui il più potente non è chi comanda ma chi serve e grande non è colui che più possiede, ma quello che più ama. Infatti, Egli viene non per esigere ma per servire, per-donare, per dare la sua vita. Gesù è il pastore che va in cerca della pecora perduta per recuperarla e riportarla a casa e che poi fa festa insieme con gli amici. Incontrando Gesù Zaccheo comprende che arrampicarsi sugli altri per salire i gradini della scala economica e sociale non gli procura la stessa gioia dello scendere per fermarsi insieme con i fratelli, aprire la sua casa ai più bisognosi e condividere i suoi beni con i poveri.

La risposta di Zaccheo è entusiasta. Non si fa tanti problemi come quando ci viene chiesto di coinvolgerci in una iniziativa e di prenderci delle responsabilità. Zaccheo viene trasformato dallo sguardo di Gesù. Per tanto non ragiona più secondo la logica del guadagno ma quella del dono. Con gioia risponde alla richiesta del suo ospite inatteso, con disponibilità gli apre la casa e con generosità condivide i suoi beni. Domandiamoci se i nostri incontri con il Signore trasformano il nostro modo di pensare oppure se, guardati e chiamati dal Signore, rimaniamo sul sicomoro della nostra indecisione in attesa di capire quello che è più conveniente fare.

La folla fa massa ma rimane ferma, Zaccheo invece è dinamico, si mette in gioco, anche se all’inizio con motivazioni non molto nobili. Ma che importa! Anche la curiosità può essere una scintilla accesa nel cuore dallo Spirito. Zaccheo non si è rassegnato alla sua condizione e alle difficoltà, rese più dure dai suoi limiti, ma ha seguito “l’ispirazione”.

L’incontro con Gesù e la convivialità con lui diventa il momento non solo per capire ma anche per mettere in pratica quell’ispirazione iniziale. Con Gesù, che è venuto a cercare e salvare chi è perduto, anche Zaccheo comprende che la gioia vera consiste nell’osare. Bisogna osare sfidare i pregiudizi, abbandonare la logica dell’utile e abbracciare quella della condivisione e della solidarietà.

Signore Gesù, ti cerco per vederti ma mi ostacolano le mie fragilità il cui limite imputo a coloro che reputo la causa delle mie frustrazioni. Aiutami a non soccombere sotto il peso dei complessi e liberami dalle fissazioni persecutorie. Donami quello scatto di sano orgoglio e la giusta furbizia per non arrendermi alle mie paure ma per trovare strade nuove, forse inedite e apparentemente strane, per seguire la voce dello Spirito anche se si fa sentire attraverso la semplice curiosità. Che non ti cerchi solo per soddisfare i miei desideri ma per incontrarti lasciandomi vedere senza nascondermi dietro inutili giustificazioni. Mi inviti a stringere con Te legami di amicizia sempre più solidi. Fa che la gioia di sentirmi amato gratuitamente mi spinga ad aprire il mio cuore a tutti per condividere, soprattutto con i più poveri, la ricchezza della misericordia che hai generosamente elargito dall’albero della croce. 

Anche io, Signore, sono davanti a Te

ora Tu sei sull’albero della Croce

e io in basso tra la folla

che fa massa e ancora soffoca

il mio desiderio di vederti.

C’è chi passa indifferente,

chi distrattamente getta uno sguardo,

ma poi tira dritto per la sua strada,

chi impreca, chi manifesta la sua rabbia,

chi baratta il suo futuro,

chi è intento a scrivere sentenze,

chi fa il profeta, chi s’interroga sulla vita.

Io sono qui giù con gli occhi verso Te;

anche io ora,

come tu quel giorno hai fatto con me,

guardo dal basso.

La mia piccolezza non mi fa paura

perché ho capito,

dal momento che ti ho incontrato,

che quello è il punto di vista più vero

quello dal quale tutto appare amabile.

Quando distolgo gli occhi da Te

mal sopporto la mia piccola statura,

ma ancor di più le bassezze in cui cado.

Quanto più mi fanno notare

di non essere all’altezza

tanto più fuggo e mi arrampico

avventurandomi nelle scalate

dell’ambizione o della trasgressione,

o semplicemente salendo

sullo scranno del giudice.

Quando sono giudicato e mi giudico

mi trovo davanti muri invalicabili

e specchi che rimandano la mia miseria.

Io cercavo di vedere te

senza essere visto da te.

Io cercavo te,

ma Tu hai trovato me.

Nei tuoi occhi ho visto il mio nome,

Tu sei “puro”,

nella tua voce ho ascoltato

ciò che il mio cuore cercava.

Dopo avermi guarito gli occhi del cuore,

con il quale vedere tutto amabile

e non scegliere ciò che è appetibile,

anche io ti chiedo di scendere

e abitare nella mia casa.

Donami lo sguardo dei piccoli

che non vanno in cerca di cose grandi,

superiori alle loro forze,

ma fanno amicizia con i poveri

quelli che non possono restituire nulla

ma permettono di scoprire

la gioia dell’amore gratuito.