L’ipocrisia accende la competizione, l’umiltà genera la fraternità – Venerdì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Venerdì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Ef 1,11-14 Sal 32
+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 12,1-7
Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati.
In quel tempo, si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli:
«Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia. Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. Quindi ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce, e ciò che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato dalle terrazze.
Dico a voi, amici miei: non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo questo non possono fare più nulla. Vi mostrerò invece di chi dovete aver paura: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna. Sì, ve lo dico, temete costui.
Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!».
L’ipocrisia accende la competizione, l’umiltà genera la fraternità
Ascoltando il rimprovero che Gesù rivolge alle autorità potremmo provare un certo senso di soddisfazione per il fatto di sentirci interpretati nel nostro sentimento di diffidenza nei confronti delle istituzioni. In realtà l’ingiustizia stigmatizzata, e che si annida tra le alte sfere del potere, è presente in maniera strisciante anche tra il popolo, tant’è che la gente che si raduna attorno a Gesù si calpesta vicendevolmente. Non sono solo i potenti che si fanno guerra ma anche i poveri fanno la lotta l’uno contro l’altro. Questo è più drammatico quando sono i discepoli di Gesù a conformarsi alla mentalità comune e, gonfiandosi d’orgoglio, si giudicano puntandosi il dito a vicenda senza alcun rispetto e prudenza. Ipocrita è colui che nasconde dietro la formale appartenenza alla comunità, espressa attraverso l’espletamento di qualche mansione, l’ambizione personale e il suo astio verso gli altri fratelli seminando zizzania e provocando divisioni e fazioni. A volte la lingua degli uomini è talmente tagliente da uccidere moralmente e portare gli altri ad essere esclusi o ad escludersi dalla comunità. Il pettegolezzo è il lievito marcio che corrompe la comunità. Chi ne è vittima non deve temere gli uomini né scoraggiarsi a continuare a fare il bene, ma deve confidare nel Signore che non abbandona nessuno dei suoi figli e che dà la forza necessaria per resistere alla tentazione della ritorsione e della vendetta. Seguire questa logica significa lasciarsi inghiottire dalla spirale della violenza che non lascia scampo.
Signore Gesù, che ci chiami amici tuoi, perdonaci per tutte quelle volte che dimentichiamo che essere tuoi discepoli non significa competere per occupare i posti migliori e di prestigio ma mettici in guardia dall’orgoglio che è la vera bestia nera da combattere. Aiutaci a diventare più autentici senza nascondere dietro la maschera del perbenismo i pregiudizi verso i fratelli, i sentimenti di rivalsa contro quelli che riteniamo nemici e le intenzioni malvage che strisciano silenziosamente dentro di noi come serpenti e che avvelenano i rapporti con il pettegolezzo, le illazioni e le calunnie. Donaci la fiducia e l’umiltà di confessare i pensieri malvagi di cui vergognarsi per non cadere nel tranello dell’ipocrisia. Conforta i cuori affranti dalle ingiustizie e consola chi soffre per le tribolazioni affinché possa avvertire il calore di una mano amica che sostiene nella debolezza e la forza di una voce familiare che guida nella notte oscura della prova e dell’aridità spirituale.