Non la vita, ma la morte ha le ore contate – Giovedì della VI settimana di Pasqua
Giovedì della VI settimana di Pasqua
At 18,1-8 Sal 97
+ Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 16,16-20
Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete».
Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».
Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».
Non la vita, ma la morte ha le ore contate
«Che cosa è questo “un poco”?» i discepoli discutono tra loro sul significato delle parole di Gesù che hanno il sapore di un annuncio. Non riescono a comprendere il nesso tra i due tempi, quello dell’assenza e il momento della sua visione. In realtà, dopo la Pasqua il riferimento appare più chiaro. La morte e la risurrezione sono i due eventi a cui Gesù allude. L’ora della morte è vicina, il tempo si è fatto breve. Ma il messaggio non vuole solo dichiarare l’imminenza e la ineluttabilità della morte, come se fosse l’ammonimento del «memento mori». Il cuore dell’annuncio sta nel fatto che non la sua vita ma la sua morte ha le ore contate. Il nascondimento della morte si racchiude in «un poco» che a sua volta si schiude all’eternità della vita. Il distacco è una separazione momentanea che prepara non solo un nuovo incontro ma un incontro nuovo, ovvero una relazione rinnovata.
Il discepolo di Gesù corre il rischio di scindere la fede dalla vita e «vedere» la sua esistenza senza scorgere in essa la presenza di Dio. Questo accade quando amiamo particolarmente ed entriamo in una forte comunione con gli altri facendoci carico della loro sofferenza. Quanto più empaticamente entriamo in contatto con i fratelli tanto più notiamo il contrasto tra chi soffre per i vari problemi della vita e chi invece sembra condurne una spensierata e allegra, o almeno così ci appare. Gesù ci offre una lettura diversa delle cose che ha la pretesa di essere credibile. Infatti, chi più di Lui sa cosa significa soffrire e morire ingiustamente? Egli si è unito a tutte le vittime del mondo di ogni luogo e di ogni tempo per infondere loro fiducia, consolazione e speranza. Le offre innanzitutto ai suoi discepoli che gemono e soffrono insieme ai poveri della terra perché essi possano donarle a loro volta. Lo Spirito Santo, che ha risuscitato Gesù dai morti, infonde in noi la stessa carità di Cristo che, condivisa insieme al dolore dei fratelli, trasforma la tristezza in gioia, lo sconforto in speranza.
Signore Gesù, donami lo Spirito della Carità che mi spinga fuori dal vicolo cieco delle paure di coinvolgermi nelle vicende dolorose dei miei fratelli e di rimanere insieme a loro all’ombra della croce. Guarisci il mio modo di giudicare la realtà che accentua le mie disgrazie e ingrandisce l’altrui apparente tranquillità e libertà. Donami, Signore, la sapienza di misurare il tempo della mia vita valutando il suo valore in base al criterio dell’amore donato e ricevuto. Tu che con la tua morte hai posto un limite alle tenebre e con la risurrezione hai ridotto all’impotenza la morte, infondi nel cuore la certa speranza che le ore del dolore sono contate, come quelle del parto, ma che ad esse segue l’eterna gioia e il giorno senza tramonto.