Essere in comunione prima di fare comunione – Mercoledì della V settimana di Pasqua
Mercoledì della V settimana di Pasqua
At 15,1-6 Sal 121
+ Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 15,1-8
Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto.
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
Essere in comunione prima di fare comunione
La parabola della vite e dei tralci ci aiuta a verificare se la nostra fede è veramente una relazione di comunione con Dio. Non ogni tipo di relazione può definirsi di comunione e neanche tutte le forme di comunione sono espressione di fede. Non basta stare insieme per instaurare una relazione e non è sufficiente condividere qualcosa per essere in comunione. La differenza tra l’ideologia comunista e il vangelo consiste nel fatto che gli uomini possono mettere in comune i beni ma non essere in comunione perché quest’ultima condizione non è innanzitutto opera dell’uomo ma azione dello Spirito Santo. Solo attraverso di Lui due non sono più due, ma diventano uno. Lo Spirito Santo è l’artefice della vera comunione perché fa abitare Dio nel nostro cuore e noi nel cuore di Dio. La comunione ci è offerta come occasione per dare un senso pieno alla vita portando frutti di amore. Tuttavia, prima delle opere di misericordia o delle beatitudini, c’è l’esperienza del «rimanere in», cioè del dimorare, abitare nel cuore di Dio, mediante la preghiera. La forza della preghiera permette di «rimanere» e custodire la relazione con Dio nonostante le voci interiori che ci spingono a rinchiuderci in noi stessi o ad abbandonare la comunità perché delusi. La comunione si rafforza nella prova se essa è affrontata con la preghiera che assume le forme di linguaggio tante quante sono le emozioni provate nelle varie situazioni della vita.
Signore Gesù, tu che hai detto di chiedere al Padre qualsiasi cosa con fede, certi di essere ascoltati, donami il tuo Spirito perché mi guidi alla conoscenza sempre più profonda dell’amore di Dio, scriva le tue parole nel mio cuore, mi faccia sentire la dolcezza della tua presenza, orienti il desiderio verso la comunione con Te e i fratelli, lenisca le ferite del peccato, confermi la mia volontà di obbedire al comandamento dell’amore, ispiri propositi di bene, mi dia l’umiltà di chiedere perdono, il coraggio di cercare la pace, l’audacia di servirti fino a dare la mia vita per Te.