Incontro di Formazione sulla Liturgia della Parola della V-VI-VII-VIII Domenica del Tempo Ordinario

Incontro di Formazione sulla Liturgia della Parola della V-VI-VII-VIII Domenica del Tempo Ordinario

1 Febbraio 2022 0 Di Pasquale Giordano

IV T.O

Ger 1, 5-5.17-19
Ti ho stabilito profeta della nazioni

Sal 70
La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.

1Cor 12,31-13,13
Rimangono la fede, la speranza, la carità; ma la più grande di tutte è la carità.

Lc 4,21-30
Gesù come Elia ed Eliseo è mandato non per i soli Giudei.


V T.O.

Is 6,1-2.3-8
Eccomi, manda me!

Sal 137
Cantiamo al Signore, grande è la sua gloria.

1Cor 15,1-11
Così predichiamo e così avete creduto.

Lc 5,1-11
Lasciarono tutto e lo seguirono

VI T.O.

Ger 17,5-8
Maledetto chi confida nell’uomo; benedetto chi confida nel Signore.

Sal 1
Beato l’uomo che confida nel Signore

1Cor 15,12.16-20
Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede.

Lc 6,17.20-26
Beati i poveri. Guai a voi, ricchi.


VII T.O.

1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23
Il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano.

Sal 102
Il Signore è buono e grande nell’amore

1Cor 15,45-49
Come eravamo simili all’uomo terreno, così saremo simili all’uomo celeste.

Lc 6,27-38
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso


VIII T.O.

Sir 27,5-8
Non lodare nessuno prima che abbia parlato.

Sal 91
È bello rendere grazie al Signore

1Cor 15,54-58
Ci ha dato la vittoria per mezzo di Gesù Cristo.

Lc 6,39-45
La bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda

Presentazione

Lc 6, 20-49 discorso della pianura
vv.13-19: quadro del discorso
Nella pianura di riuniscono tre gruppi di persone: la folla di Giudei, i non Giudei, e la comunità dei discepoli con il gruppo dei Dodici appena costituito. Lo stile del discorso è sapienziale. Si apre con le beatitudini e i guai (vv. 20-26) a cui seguono detti riguardanti l’amore verso il nemico (vv. 27-35) e quelli che trattano del comando di non giudicare (vv.36-42). Il discorso si chiude, come nel discorso della montagna di Matteo, con due parabole sulla saggezza che consiste nel mettere in pratica quanto si è ascoltato.
Gesù si rivolge direttamente agli interlocutori che vivono condizioni concrete economicamente e socialmente molto penose. Si tratta di un unico gruppo visto da tre angolature diverse: i poveri soffrono la fame e piangono per la loro indigenza. La quarta beatitudine riguarda chi è perseguitato per il fatto di seguire Gesù. La beatitudine non risiede nella loro condizione miserevole ma nel fatto che essi sono i destinatari privilegiati dell’azione di Dio che sta edificando il suo regno del quale loro saranno i primi abitanti. I destinatari dei guai non sono maledetti ma avvertiti del fatto che la ricchezza, la sazietà, l’allegria e la fama mondana avrà un termine come anche la povertà, la fame, il pianto e la sofferenza dovute alle ingiustizie. Il guai è un lamento funebre intonato verso coloro che non pensano alla morte e alla meta finale della vita che Dio ha preparato. Sia le beatitudini che i guai sono un invito a guardare più in alto relativizzando il presente e indirizzandolo verso il compimento.
La parte centrale del discorso verte sul tema dell’amore verso il prossimo e in particolare verso il nemico. La novità consiste nell’ampliamento universale dell’amore e nella sua gratuità, diversamente dalla logica ebraica della selezione e della separazione e da quella greco-romana che prende come criterio la reciprocità. Ci sono quattro imperativi, tre esempi di non resistenza e la regola d’oro che funge da centro del discorso (v.31). Seguono tre obiezioni e la ripetizione del comando dell’amore universale. L’amore si declina fare del bene, benedire, pregare. I quattro comandi dell’amore corrispondono alle quattro manifestazioni di odio di cui sono fatti oggetto i poveri: vi odieranno, vi escluderanno, vi insulteranno, vi respingeranno. Il nemico è colui che odia. Al principio della reciprocità Gesù oppone quello della mitezza: la vera resistenza è la resa. Le obiezioni al principio della reciprocità mettono in rilievo che quello della mitezza è in linea con la speranza a cui il cristiano deve tendere: essere figli dell’Altissimo. La vocazione dell’uomo è quello di essere ad immagine di Gesù e di riflettere (testimoniare) la gloria del Padre, il suo amore universale e gratuito.
Giudicare significa sostituirsi a Dio e pretendere di conoscere la verità di una persona. Chi giudica si auto condanna al principio della reciprocità, ovvero il male che commette egli stesso lo subisce. Quanto grande sarà la misericordia che vuole ricevere da Dio, tanto generosa sarà la benevolenza verso il fratello e ancora più ampia sarà la ricompensa di Dio. Le due parabole vogliono invitare ad un saggio discernimento innanzitutto su se stessi. Al giudizio bisogna sostituire il discernimento che si basa sull’ascolto, l’interiorizzazione della parola di Dio e la sua messa in pratica. Le parole, le opere o le omissioni rivelano la propria interiorità (i pensieri).