Parola autorevole – Martedì della I settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Martedì della I settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
1Sam 1,9-20 1Sam 2,1.4-8
+ Dal Vangelo secondo Marco Mc 1,21-28
Gesù insegnava come uno che ha autorità
In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafarnao,] insegnava. Ed erano stupìti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
Parola autorevole
L’evangelista Marco introduce la prima giornata della missione di Gesù nella sinagoga di Cafarnao dove insegna con autorità. Non possiamo negare la poca stima che generalmente gode chi insegna perché non abbiamo in giusta considerazione il valore della parola. Questo accade non perché manchino le parole ma perché esse spesso sono prive della parola, cioè sono insignificanti. C’è una inflazione di parole, non accompagnate dai fatti, che chi le pronuncia può essere vittima di un pregiudizio per il quale esse scivolano senza lasciare traccia in coloro che le sentono. Tante sono le parole che sentiamo, ma quante di esse sono significative, cioè lasciano il segno o, come direbbero rabbini per indicare che un testo è sacro, sporca? Se è vero che ci si accorge subito se le parole che una persona pronuncia sono generate dal proprio vissuto o sono la ripetizione di luoghi comuni che, passando di bocca in bocca, perdono di credibilità o addirittura suscitano fastidio, è altrettanto vero che perché la nostra parola sia significativa dobbiamo lasciarci ferire da essa. C’è un bisogno innato in ciascuno di noi di nutrirci non solo di cibo ma anche di senso, perché il primo riempie lo stomaco per un po’ di tempo, mentre il secondo sazia l’interiorità. Per cui l’insegnamento sarà riconosciuto autorevole innanzitutto se chi parla lo fa col cuore, con l’intenzione non semplicemente di offrire una prestazione esprimendo il proprio pensiero, ma un servizio attraverso la narrazione di sé e la condivisione del proprio vissuto. La parola di Gesù è autorevole perché ha la forza di scuotere la polvere del perbenismo formale e mettere in luce tutti i vincoli e legami insani che ci rendono schiavi, incapaci di essere significativi. La Parola di Dio, non è miele, ma è sale, che va ben dosato, che purifica, contrasta il processo corruttivo del vizio. Comprensibile la reazione rabbiosa dell’uomo frequentatore della sinagoga che per la prima volta è raggiunto dalla Parola di Dio e che chiede conto di quale relazione ci possa essere tra lui e Gesù. Satana reagisce in modo scomposto davanti alla luce che svela il gioco sporco della falsa religiosità. Il Praticante non credente è chi rifiuta di coltivare la propria interiorità, cioè la relazione significativa col Signore e si nasconde dietro l’attuazione delle pratiche rituali prescritte dai comandamenti che fungono da muro di gomma contro cui rimbalza la Parola di Dio. Quando si ascolta la Parola di Dio è necessario vivere come una coppia di sposi che fanno l’amore aprendosi insieme alla possibilità di generare la vita e accogliere un figlio. Così deve essere l’uomo liberato dalla paura dell’“incognita” della Parola di Dio. Dove c’è fiducia, apertura e accoglienza dell’altro, la sua parola non giunge come un giudizio o un’accusa oppure come un obbligo imposto dall’alto, ma come luce che conforta, come balsamo che scioglie le rigidità, come acqua che ristora.
Signore Gesù, come nella sinagoga di Cafarnao, ascoltando la tua parola, anche io vorrei lasciarmi interrogare da te: «Quale relazione c’è tra me e te?». Taccia la voce della paura che mi porta a imputare a te i miei fallimenti come se il tuo dito fosse puntato per giudicarmi, condannarmi e ostacolarmi nelle mie aspirazioni. La tua Parola mi liberi dal peccato che mi rende sordo alla tua voce, refrattario alla tua consolazione e reticente nel rispondere al tuo invito a seguirti. Possa intrattenermi con Te come la sposa col suo sposo perché, aperto ad accogliere il dono dello Spirito Santo, serva i miei fratelli con letizia e umiltà.