Confidenze e affidamento di responsabilità – Santa Elisabetta d’Ungheria – Mercoledì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Confidenze e affidamento di responsabilità – Santa Elisabetta d’Ungheria – Mercoledì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

17 Novembre 2021 0 Di Pasquale Giordano

Santa Elisabetta d’Ungheria – Mercoledì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

2Mac 7,1.20-31   Sal 16  

+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 19,11-28

Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca?

In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro.

Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato.

Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”.

Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”.

Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”».

Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.

Confidenze e affidamento di responsabilità

La parabola ci offre uno spaccato della nostra vita cristiana, una chiave di lettura e un criterio di verifica. Essa è racchiusa tra due momenti o chiamate, come quelle che riguardano i dieci servi. C’è un tempo nel quale si è chiamati per ricevere in consegna un valore e con esso la missione di farlo fruttificare. Segue poi il momento della verifica e della rendicontazione o del giudizio. Tra questi due tempi c’è il “frattempo” dell’attesa del ritorno del Signore nel quale ognuno è responsabile delle proprie scelte. Il racconto della parabola ci invita a identificarci con uno dei dieci servi e anticipare nel presente, e nel segreto della propria coscienza, quel giudizio finale che sarà un giorno chiaro e palese. Abbiamo bisogno di fare costantemente discernimento e d’interrogarci se siamo servi fedeli che, in obbedienza alla missione ricevuta, investono la moneta affidataci diffondendo il Vangelo mediante le quotidiane e piccole scelte di vita, oppure, vinti dalla diffidenza e dalla paura, preferiamo nasconderla in un fazzoletto vivendo una vita dalla quale non traspare affatto la vocazione alla santità alla quale tendiamo. La malvagità del servo negligente non consiste nell’aver compiuto una qualche azione cattiva ma nell’aver omesso di fare il bene rendendo così sterile il dono affidatogli e venendo meno all’impegno preso con il padrone. La fedeltà dei servi buoni si è manifestata grazie al fatto che essi, tenendo sempre presente la parola del loro padrone, hanno lasciato spazio alla creatività dello Spirito, al contrario dell’altro, vittima del pregiudizio e della paura. L’insegnamento che viene dalla parabola suggerisce a noi, servi della Parola, di aver sempre un grato ricordo del dono ricevuto in modo da vivere responsabilmente la missione di far crescere il Regno di Dio in mezzo al mondo.

Signore Gesù, mi chiami amico e ti confidi affidandomi la tua Parola, preziosa come una moneta d’oro. Fa che possa coglierne il valore e tradurre il significato per la mia vita in segni eloquenti di carità. Mi affidi la Parola perché sia come seme da spargere nei solchi della storia affinché essa possa diffondersi e fruttificare. Il tuo Spirito Santo, effuso nel mio cuore, alimenti la fiducia in Te e il desiderio di servirti in modo lodevole e degno guidato dalla missione che mi hai consegnato nel Battesimo di essere fedele nell’annunciare il Vangelo e credibile nel trasmettere il tuo insegnamento. Perdona ogni mio peccato di omissione causato dal fatto di aver preferito obbedire alla voce della paura, dell’orgoglio e dell’egoismo piuttosto che alla tua Parola. Donami il coraggio di rischiare e di perseverare nel bene perché, mettendoci amore nelle piccole azioni quotidiane, manifesti a tutti la bellezza del Regno di Dio.