La Parola da gustare, l’Amore da vivere – XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
Gs 24,1-2.15-17.18 Sal 33 Ef 5,21-32
+ Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 6,60-69
Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna.
In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.
Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
La Parola da gustare, l’Amore da vivere
«Volete andarvene anche voi?». La domanda di Gesù ai Dodici li interpella affinché facciano una scelta. L’interrogativo ricalca quello che Giosuè rivolge ad Israele: «Sceglietevi oggi chi servire» (Gs 24, 17). Il popolo risponde che non vuole abbandonare il Signore per servire altri dei perché ha sperimentato la sua bontà. Il Sal 33 è una professione di fede mediante un inno di benedizione che canta la misericordia di Dio. Il salmista invita i poveri ad ascoltare e ad unirsi al canto di ringraziamento gustando e vedendo quanto è buono il Signore. Israele sceglie di servire il Signore e di essere unito a Lui perché legge la sua storia come Storia della salvezza. Gli eventi confermano l’affidabilità della Parola di Dio ed Essa a sua volta diviene chiave interpretativa della vita. Gustare la Parola di Dio permette di leggere la propria vita alla luce dell’amore di Dio il cui cuore non è duro, come quello degli uomini avidi di potere e indifferenti ai bisogni del povero, ma ricco di misericordia verso i miseri che gridano verso di Lui. La storia del peccato delle origini insegna che, se la realtà è vista con gli occhi iniettati di diffidenza e di avidità, la si approccia con il desiderio di prendere e possedere come un bene di consumo. È il nostro cuore ad indurirsi se non gusta la Parola di Dio. Essa invece, come dice s. Paolo, è un lavacro che ci purifica, ovvero ci permette di vedere, e dunque pensare, non secondo i ragionamenti umani ma con i sentimenti di Dio. Gesù ha chiesto di «mangiare» la sua carne e il suo sangue, cioè di gustare e assimilare la sapienza dell’amore che ha la sua origine nel cuore di Dio. Gustare è mangiare non solo per soddisfare la fame ma per fare comunione con Gesù, unirsi a lui in maniera sponsale e lasciarsi conformare allo Sposo. Gesù ama noi come ama sé stesso. Questo significa che come chiunque che ha senno non odia la sua carne ma la nutre e la cura, così fa Cristo con noi che considera come sue membra. A monte dell’abbandono c’è il rifiuto a lasciarsi amare da Dio, ovvero di farsi educare, nutrire e accudire da Lui. La parola di Gesù appare dura perché il cuore dell’uomo, anche di quello che si dice credente, è refrattario al dono dello Spirito che conforma a Cristo colui che lo riceve. L’equivoco si crea perché, pensando alla maniera umana, si travisa il senso del dono. Nella logica commerciale i doni si scambiano viaggiando in senso unico alternato. Nella logica dell’amore il dono è grazia, non solo perché è gratuito ma anche perché è capace di fecondare e generare ancora dono. Il dono non si ferma a chi lo riceve, ma diventa in lui sorgente di altro dono. In tal modo il dono si moltiplica e si diffonde. Questa è la dinamica della fede che se non è generativa di carità, non può chiamarsi tale. Gesù vuole educare alla mentalità del dono inteso come servizio di amore, il quale non è tanto finalizzato all’autorealizzazione di chi ama, ma alla felicità di chi ne è il destinatario, proprio come Cristo Sposo fa con la sua Chiesa. Pietro, replicando alla domanda di Gesù, sostituisce ai verbi «gustare e vedere» i verbi «credere e conoscere». Credere significa proprio gustare la parola di Gesù e così riconoscere che in essa viene comunicata la vita eterna, ovvero lo Spirito Santo grazie al quale si può veramente amare fedelmente e vivere per sempre.
Signore Gesù, roccia della nostra salvezza e volto misericordioso del Padre, spezza ancora il Pane della Parola perché possa gustarne la sapienza e i miei occhi, illuminati dalla Grazia, ti riconoscano come Cristo Sposo che ama la sua Chiesa dando sé stesso per la sua Sposa. La tua Parola purifichi il mio cuore dall’avidità e dall’autosufficienza che lo indurisce e lo rende refrattario all’azione dello Spirito. Il Padre mi attiri continuamente a Te affinché le mie scelte di servizio, ispirate dalla gratitudine e mosse dalla fiducia, mi facciano rimanere sul sentiero della vita eterna che hai inaugurato con il sacrificio della Croce.