Un cuore nuovo per donare amore sempre di nuovo – Lunedì della II settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Lunedì della II settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Eb 5,1-10 Sal 109
+ Dal Vangelo secondo Marco (Mc 2,18-22)
Lo sposo è con loro.
In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno.
Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».
Un cuore nuovo per donare amore sempre di nuovo
Marco presenta una serie di obiezioni rivolte a Gesù in forma di domande non formulate per ricercare la verità, ma per accentuare l’atto di accusa mossa contro di lui. Viene stigmatizzato il fatto che bestemmia perché si è arrogato la prerogativa di Dio di perdonare i peccati, poi viene accusato di essere colluso con i peccatori e infine viene denunciata l’omissione della pratica del digiuno. In quest’ultimo caso l’attacco non è diretto perché si chiede conto del fatto che i discepoli di Gesù non praticano l’ascetica del digiuno. In realtà è un modo sottile per attaccare il maestro e screditarlo. In definitiva si delinea un fronte di rifiuto di Gesù e della novità portata da lui.
Il digiuno era una pratica penitenziale finalizzata a vivere l’attesa dell’avvento dell’amato predisponendo il cuore ad accoglierlo. Come spesso accade, una pia pratica può mantenere la sua forma esteriore perdendo via via il suo significato specifico; sicchè anche una pratica religiosa può essere fatta per “mettersi la coscienza a posto” piuttosto che porsi in relazione al Signore. Un criterio di verifica per accorgersi di essere incappati in questo tranello è lo stile con il quale compiamo un atto religioso, se lo facciamo tenendo lo sguardo grato e fiducioso verso il cielo o guardandoci attorno con sospetto per misurarci con gli altri e vantarci di essere migliori di loro. L’autoreferenzialità è il virus che deturpa ogni buona intenzione, che rovina ogni relazione, che fa perdere di valore ciò che formalmente è corretto.
Chi ricerca un merito da conquistare ed esibire per distinguersi e marcare le distanze dagli altri, in realtà non attende e non accoglie nessuno e si condanna alla solitudine che spegne prima o poi ogni sorriso. Si giunge al paradosso di impegnarsi nell’esecuzione corretta e puntuale delle pratiche religiose per incontrare il Signore, ma le stesse diventano l’occasione nelle quali Lo si rifiuta. Il digiuno, che dovrebbe favorire la solidarietà e la concordia, diventa argomento che distingue, separa, mette in contrapposizione e in competizione.
La novità attesa non viene da fuori, come fosse un premio assegnato dopo aver esibito i propri meriti. La vera novità consiste nella trasformazione interiore perché possiamo essere offerta viva al Signore. La pratica religiosa non serve a dimostrare a Dio quanto valiamo per ottenere da Lui i favori, perché Dio, sposo dell’umanità, si dà tutto per la sua creatura. La vera giustizia invece è restituire al Signore nel sacrificio quello che Lui stesso ha già dato: la vita. Il digiuno, non è una forma di mortificazione, ma di comunione con Colui che nella sofferenza fino alla morte, offre a Dio la sua vita con molte grida e lacrime (Cf. Eb 5, 1-10).
Signore Gesù, tu che non guardi l’apparenza ma il cuore, riversa in me il tuo Santo Spirito perché sia rinnovato interiormente. La fedeltà e la precisione con le quali pratico la legge sia coniugata con la fiducia nel tuo amore gratuito e preveniente. Purifica la mia mente da ogni pensiero giudicante che mi gonfia di orgoglio contro gli altri, disprezzati per i loro limiti e le loro mancanze. Insegnami a vivere il vero digiuno che è la rinuncia alla competizione per emergere, perché nel mio cuore ci sia spazio compassionevole per il fratello e la sorella più deboli.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!