Il rifiuto di Dio genera violenza – Santa Teresa d’Avila
Santa Teresa d’Avila
Ef 1,1-10 Sal 97
+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 11,47-54
Sarà chiesto conto del sangue di tutti i profeti: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa.
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite.
Per questo la sapienza di Dio ha detto: “Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno”, perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l’altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.
Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito».
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.
Il rifiuto di Dio genera violenza
I profeti, uomini e donne inviati da Dio perché possiamo convertirci al suo amore di Padre e di Sposo, non parlano solamente con le parole e con i gesti ma soprattutto col sangue versato nel martirio. Perseguitandoli e uccidendoli gli uomini cercano di mettere a tacere la voce di Dio che risulta essere insopportabile per chi, abituatosi a dare ascolto solamente al proprio io avido e cattivo, si rende sordo, se non addirittura intollerante e ostile, alla voce di Dio.
Gesù, vittima egli stesso di persecuzioni, sembra domandare il perché di tanto accanimento contro altri uomini, soprattutto i missionari di Dio. L’aggressività è una delle reazioni in contesti nei quali ci si sente minacciati e si avverte paura. A ben vedere i profeti e gli apostoli rappresentano una forte critica di Dio al comportamento degli uomini e donne attaccati ai loro beni materiali per i quali contano più le cose da possedere che le persone con le quali si vive. L’idolatria è l’ingiustizia più grave tra quelle denunciate, perché essa riassume tutte le forme di male che mette in crisi la relazione con Dio e con i fratelli. L’idolatria non è semplicemente il culto agli dei pagani ma significa mettere in cima alle proprie preoccupazioni e desideri il proprio “io”. Sull’altare della egolatria si sacrificano le persone soprattutto quelle a cui si è legati dal vincolo di sangue e che sono segno della prossimità di Dio.
È certamente un Dio scomodo quello che mi chiede di schiodarmi dall’attaccamento al mio egoismo e alle realtà di questa terra, per rivolgere lo sguardo sul creato e scorgere in esso quell’ordine cosmico che Dio ha impresso come modello per impostare le relazioni fraterne. La terra non si possiede, ma la si custodisce coltivandola, così le persone non possono essere tenute in pugno e gestite secondo i propri capricci, ma vanno accolte, ascoltate, accompagnate e amate per quello che sono.
Il sangue di Cristo, «più eloquente di quello di Abele», non grida vendetta ma chiede conto della propria aggressività: perché usi violenza? Cosa temi di perdere, cosa hai paura che ti venga portato via? Il martirio di Cristo, anticipato e seguito da quello di tanti uomini e donne del Vangelo è la testimonianza più grande che Dio non prepara sepolcri, ma li distrugge per renderci veramente liberi e costruttori di comunità fraterne e della casa comune.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!