Il giudizio paralizza, la compassione rivitalizza – Giovedì della XIII settimana del Tempo Ordinario
Giovedì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Am 7,10-17 Sal 18
+ Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 9,1-8)
Resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.
In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati».
Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse allora al paralitico –, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua.
Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.
Il giudizio paralizza, la compassione rivitalizza
Rifiutato dai cittadini di Gadara Gesù viene accolto a Cafarnao, eletta come sua città, da alcune persone che portano un paralitico disteso sul letto. È un gesto silenzioso ma pieno di fede che contrasta con le grida degli indemoniati che hanno sulle labbra il nome di Dio ma lo hanno escluso dal loro cuore.
Gesù non si ferma né davanti al rifiuto né difronte all’apparenza, ma Lui, che conosce il cuore dell’uomo, vede la fede che in esso si trova e sente i pensieri nascosti delle mormorazioni. La fede che Gesù vede negli uomini che lo cercano è il loro profondo desiderio di essere amati e il bisogno di essere sanati. Perciò Gesù negli uomini che gli vengono incontro vede dei fratelli. Anch’essi, come fa lui, si fanno carico dell’infermo. Non sappiamo nulla di queste persone, della loro biografia, delle loro origini, delle loro vicende, semplicemente perché ognuno possa scrivere in queste righe di silenzio la propria vita e portarsi davanti a Gesù. Lui ci insegna ad avere uno sguardo compassionevole per poter cogliere, al di là dei propri limiti la comune appartenenza all’unico Padre misericordioso.
Il paralitico senza nome ne riceve uno, il più alto, il più bello: «figlio». Gesù è la parola pronunciata dall’Amico che conforta e sostiene, è la mano tesa del Padre che risuscita, è il perdono di Dio che riconcilia e dona la libertà.
Il giudizio, come quello espresso dagli scribi, è la vera bestemmia perché è il tentativo di mettere a tacere Dio usando dio. Il giudizio chiude ogni forma di comunicazione ed è il contrario del perdono. Infatti, l’uomo che giudica, paralizzato dai suoi pregiudizi e dalla presunzione, non sarà mai capace né di chiedere e ricevere perdono, né di darlo. L’orgoglioso che si arroga il diritto di giudicare al posto di Dio si condanna alla paralisi interiore e si preclude anche la possibilità di essere aiutato ad uscire dalla sua infermità spirituale. All’uomo risulta più facile giudicare che aiutare perché il suo sguardo si ferma all’apparenza senza raggiungere l’interiorità dell’altro dove, non solo diverrebbe consapevole della comune debolezza, ma riconoscerebbe soprattutto di essere fratelli.
Ciò che il giudizio preclude, la misericordia realizza. La compassione apre la via di comunicazione da cuore a cuore, da Padre a figlio, da figlio a Padre, da fratello a fratello. Ciò che risulta impossibile all’uomo che giudica diventa possibile per il fratello che ha compassione per l’altro fratello e così la sua parola diventa efficace azione d’amore. La compassione, al contrario del giudizio, conferisce alle nostre parole lo stesso valore della parola di Dio, parola che consola, che dona speranza, che restituisce dignità, che guarisce, che offre nuove possibilità di vita.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!