Missionari della gioia in questo tempo e per questo mondo – Martedì della X settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Martedì della X settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
1Re 17,7-16 Sal 4
+ Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5,13-16)
Voi siete la luce del mondo.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
Missionari della gioia in questo tempo e per questo mondo
La prima lezione di Gesù sulla felicità ha sgombrato il campo dalle illusioni. La felicità non è al di là della nostra realtà, ma diventa realtà se viviamo la nostra condizione, qualsiasi essa sia, come un’occasione per uscire da noi stessi, intessere relazioni sane, accogliere e fare dono di sé all’altro. La felicità non è qualcosa che si lascia possedere; anzi, quanto più vorremmo afferrarla per farla nostra tanto più ci sfugge di mano.
La felicità è goduta allorquando diventa opera buona che Gesù accosta all’immagine del sale che insaporisce e della luce. Un’opera è buona se produce una trasformazione, se, cioè, favorisce l’incontro tra gli uomini e Dio. Dunque, non basta operare, ma la differenza tra l’opera buona e quella cattiva risiede nel suo fine. La felicità è conoscere intimamente il Signore e lasciarsi trasformare da lui per essere «sale della terra» e «luce del mondo». Il sapore della felicità non è dato come se fosse un tesoro da custodire gelosamente per sé, altrimenti si perderebbe e noi ci condanneremmo alla inutilità. La felicità è un dono ma al tempo stesso il fine per cui operare il bene. L’opera è buona se con essa permettiamo alla sapienza di Dio di insaporire la vita degli altri. L’opera buona è quella che rende il fratello e la sorella aperti ad accogliere in sé il Signore, conoscerlo, amarlo e lasciarsi trasformare interiormente da lui.
L’uomo giusto è colui che compie le opere buone. Il discepolo diventa uomo giusto non semplicemente se applica alla lettera la legge di Mosè, ma se sposa il fine per cui Dio ha dato la legge. Le opere buone non servono a conquistare individualmente la felicità nella vita dopo la morte, perché il cristiano è sale di questa terra e luce di questo mondo. Egli opera non per l’altra terra o l’altro mondo, ma per rendere la felicità una realtà di questo tempo e di questo mondo.
Gesù ci rivela il valore e il senso della nostra responsabilità nel mondo e in questo tempo. Il mondo si trasforma, si insaporisce e vede la luce che guida il suo cammino, se i discepoli di Gesù operano affinché questo accada. Come? Attraverso lo stile della povertà di spirito, la mitezza, la misericordia, la benevolenza, la disponibilità alla mediazione, il sacrificio, la generosità, la consolazione.
L’opera buona è quella che in una relazione dà sapore, il sapore dell’amore, ai gesti quotidiani, come quello di preparare una pietanza. L’opera buona è quella che nel buio del non senso e dello scoraggiamento indica un punto luminoso, un fine verso cui andare, una meta da raggiungere. La felicità è gustare il sapore delle cose della vita, coglierne il senso più profondo, l’amore che rallegra il cuore; la felicità, come la luce che dà speranza al pellegrino e a chi si è smarrito o è stanco del cammino, gli infonde coraggio e forza per riprendere la strada dell’impegno e del servizio.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!