L’amicizia con Dio genera la fraternità tra gli uomini- Giovedì della IV settimana di Pasqua
Giovedì della IV settimana di Pasqua
At 13,13-25 Sal 88
+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,16-20)
Chi accoglie colui che manderò, accoglie me.
[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro:
«In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.
Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono.
In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».
L’amicizia con Dio genera la fraternità tra gli uomini
L’ambizione di superare gli altri per vantarsi di essere superiori nell’aver fatto qualcosa di più e meglio di loro, innesca meccanismi di competizione che sfilacciano un rapporto fino a romperlo. Gli amici di un tempo, con i quali si è condiviso tutto, diventano gli avversari e nemici. In una relazione bisogna coltivare l’umiltà e l’obbedienza propria di un servo e di un messaggero. Nei confronti di Dio, come anche dei fratelli, è facile passare dal chiedere aiuto al pretendere o rivendicare. Bisogna accettare serenamente quello che si è e non ambire ad essere qualcosa di diverso o pretendere che l’altro cambi in base ai propri gusti.
Il gesto di lavare i piedi ai discepoli matura nell’ambito della relazione tra Gesù e il Padre. Egli è il «padrone» e «colui che invia» e lui si pone davanti al Padre con lo spirito del «servo» e dell’«inviato». La disposizione al servizio e all’obbedienza è suscitata dallo Spirito Santo che Gesù accoglie dal Padre. Senza lo Spirito Santo verrebbe meno il legame che li unisce così profondamente.
Quando in un rapporto affettivo si trascura l’aiuto dello Spirito Santo s’inserisce lo spirito mondano che divide, allontana, contrappone. Giuda ne è un esempio. Ma come lui hanno fatto anche gli altri ai quali Gesù aveva lavato i piedi e per i quali ha offerto la sua vita. Questo è anche il rischio che corriamo quando impostiamo un rapporto nel malcelato tentativo d’imporre il nostro punto di vita e di affermare la nostra volontà. L’amicizia o è sostenuta e alimentata dallo Spirito Santo oppure si trasforma nel suo contrario.
Il Salmo 133 canta la bellezza dell’amicizia e dello stare insieme. Ciò che tiene in unità gli amici non sono gli interessi comuni ma lo Spirito di Dio che ispira pensieri e scelte di vita orientate al bene di tutti. In tal senso l’amicizia è una benedizione di Dio.
Gesù ci chiama amici e non servi, siamo apostoli suoi non del mondo. Come tali siamo beati se con umiltà accogliamo lo Spirito Santo di Dio attraverso i sacramenti e l’ascolto della Parola. Lo spirito mondano ci fa ambire a quelle altezze per raggiungere le quali scavalchiamo gli altri e ci fa irrigidire al punto di essere disposti a passare sul cadavere dei fratelli pur di raggiungere i nostri obbiettivi. Lo Spirito Santo non ci induce alla competizione ma a gareggiare nello stimarci a vicenda, ci aiuta a non sfruttare le debolezze degli altri per prevalere ma a rallentare il nostro passo e a piegarci sulle ferite per farci carico dei pesi dei fratelli.
Mossi dallo Spirito andiamo nel mondo come portatori della benedizione di Dio. Così anche noi ci aggreghiamo alla schiera dei servi e degli inviati di Dio non per condannare il mondo ma per renderlo migliore di come lo abbiamo trovato.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!