La riconciliazione è per la comunione – Mercoledì della XXXII settimana del Tempo Ordinario
Mercoledì della XXXII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Sap 6,1-11 Sal 81
+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 17,11-19)
Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero.
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
La riconciliazione è per la comunione
L’evangelista Luca, dopo aver presentato in una delle sue parabole un Samaritano come esempio di fratello che usa la carità facendosi prossimo ad una persona sofferente, ora ne offre un altro all’attenzione dei discepoli come modello di uomo di fede.
All’inizio del racconto tutti gli uomini che entrano in scena sono accomunati dalla lebbra e in maniera unanime chiedono pietà. A tutti Gesù rivolge un comando, tutti lo eseguono, tutti e dieci vengono purificati e guariti dalla malattia, ma uno solo torna indietro per lodare Dio.
Se la guarigione, intesa come perdono e reintegrazione nella relazione personale con Dio e con la comunità, è un dono gratuito di Dio, la salvezza avviene solo con l’atto di fede dell’uomo guarito. Lo straniero, che non era ammesso al culto né poteva entrare nel tempio per compiere i sacrifici, anche dopo la sua guarigione, vive la fede in Gesù in maniera completa. La fede degli altri invece è rimasta incompiuta.
Il Samaritano, come gli altri nove lebbrosi, invoca la misericordia di Gesù, ascolta ed esegue il suo comando che è in continuità con la Torah. La parola di Dio è efficace perché sana. Tuttavia, affinché l’opera di Dio sia compiuta, è necessaria la reazione dell’uomo che non è chiamato solamente ad eseguire dei comandi ma a farsi coinvolgere nella relazione personale con Dio.
La salvezza è il processo compiuto di una vera e propria trasformazione grazie alla quale l’uomo diventa una nuova creatura.
L’azione di Dio si compie solamente quando c’è la reazione dell’uomo che, vedendosi guarito comprende che la vera sofferenza non è la menomazione nel corpo ma la mancanza di gratitudine e gioia delle relazioni.
Il Samaritano porta a compimento l’opera di Dio con la scelta di tornare indietro per incontrare Gesù e per toccarlo ed esprimergli la sua riconoscenza; gli altri nove rimangono distanti perché per essi l’evento della purificazione e del perdono non si è compiuto in un vero rapporto di comunione con Dio e con i fratelli. Essi hanno goduto per sé (momentaneamente) la gioia della liberazione senza portarla a compimento con atti di libertà e di amore.
Il Samaritano è l’immagine di quell’uomo che, perdonato da Dio e riammesso nella comunità, inizia il suo cammino di conversione con un atto liturgico di adorazione attraverso il quale si consegna con umiltà e gratitudine. La liturgia è confessione del proprio nulla e della grandezza di Dio. Da Lui tutto si riceve gratuitamente e a Lui tutto si offre con gioiosa gratitudine.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!