La felicità non si guadagna con la moneta falsa del servizio senza carità – Mercoledì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Mercoledì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Rm 2,1-11 Sal 61
+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 11,42-46)
Guai a voi, farisei; guai a voi dottori della legge.
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo».
Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!».
La felicità non si guadagna con la moneta falsa del servizio senza carità
Come si declina la stoltezza, di cui Gesù ha accusato i farisei che, centrati su di sé, si preoccupano di mostrare la loro integrità formale ma sono incuranti della interiorità e delle relazioni? Quando le pratiche buone, come l’elemosina, non sono motivate dall’amore a Dio e ai fratelli, ma nascono dallo sforzo individuale di accreditarsi un guadagno di consenso, allora esse sono false, come una moneta nuova e perfetta ma senza filigrana. Ciò che fa dell’uomo un credente non sono le opere formalmente buone, ma quelle che nascono dalla relazione d’amore con Dio e sono realmente efficaci nella relazione di amore fraterno (la giustizia).
I praticanti non credenti sono i nuovi farisei che mettono in pratica la parola della legge senza ascoltare e osservare la Parola di Dio. I praticanti non credenti sono quei cristiani che nella comunità cercano un ruolo e un posto da occupare che definisca la propria identità. Questi tali, identificandosi con la funzione che vogliono svolgere, trascurano la relazione filiale con Dio e quella fraterna con gli uomini che dicono di servire.
Non deve meravigliarci che dentro di noi ci sia “avidità e cattiveria” perché essa appartiene allo stadio primitivo della nostra umanità tendenzialmente portata a possedere e rendere gli altri “ostaggi” del nostro volere. Questa è la vera impurità, cioè quell’ostacolo a relazioni sane con Dio e con gli altri. La pratica della legge non purifica l’interno ma è solo uno strumento da usare con l’amore che Dio ci dona attraverso il contatto con Lui nella Parola e nell’Eucaristia.
Praticare la legge senza carità significa essere come quei bellissimi giardini che custodiscono sotto le ossa dei morti. Non dobbiamo aver paura di mostrare la nostra fragilità e confessare a Dio e ai fratelli il proprio peccato. Solo in questo modo la luce dell’amore di Dio potrà sconfiggere le tenebre della morte che portiamo dentro e che spesso nascondiamo persino a noi stessi. Solo con Gesù possiamo portare i pesi del peccato senza esserne schiacciati, né scaricati sugli altri con la colpevolizzazione.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!