La Parola della Croce illumina l’enigma del dolore
La Parola della Croce illumina l’enigma del dolore – San Policarpo
Eb 11,1-7 Sal 144
+ Dal Vangelo secondo Marco(Mc 9,2-13)
Fu trasfigurato davanti a loro.
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elìa con Mosè e conversavano con Gesù.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».
E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
E lo interrogavano: «Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?». Egli rispose loro: «Sì, prima viene Elìa e ristabilisce ogni cosa; ma, come sta scritto del Figlio dell’uomo? Che deve soffrire molto ed essere disprezzato. Io però vi dico che Elìa è già venuto e gli hanno fatto quello che hanno voluto, come sta scritto di lui».
Dopo sei giorni dalla ramanzina fatta a Pietro e agli altri apostoli, Gesù prende a parte tre di essi per salire con loro da solo su un alto monte. È una sorta di ritiro! Il punto di vista del narratore pende di più dalla parte dei discepoli che sono i destinatari di un’esperienza di rivelazione. Davanti a loro si presenta una scena a cui non avrebbero mai pensato di assistere. Si tratta, per così dire, di una rivelazione “privata”, cioè interiore, ma reale, non inventata. Pietro e gli altri apostoli avevano intuito qualcosa della straordinarietà di quell’uomo e avevano iniziato a comprendere la sua persona anche alla luce di alcuni passi della Scrittura loro familiari, ma si erano scontrati con l’enigma della sofferenza e della morte loro accennata dallo stesso Gesù. Gli scribi spiegavano al popolo nelle catechesi che Dio stava preparando il suo giorno nel quale si sarebbe rivelato come il Signore dell’universo e avrebbe instaurato finalmente il suo regno. Nell’animo di queste persone albergavano speranze di libertà, di giustizia, di equità, di pace, di serenità. Non sono forse questi gli auguri che anche noi ci scambiamo? Auspichiamo e attendiamo una novità come se essa fosse garantita attraverso una qualche forma d’imposizione legislativa, oppure tramite un intervento celeste. Ci si aspetta dall’alto e dall’altro quello che invece deve partire da sé e dalla propria interiorità. I discepoli portano con sé su quel monte l’enigma del dolore che ognuno vive nella propria solitudine. Infatti, benché si può condividere con altri una sorte negativa, tuttavia la sofferenza è vissuta in una maniera personale e unica, come tale è anche l’esperienza della consolazione che fanno i tre apostoli. Cosa sperimentano? Essi fanno esperienza della luce misteriosa che promana da Gesù, lo vedono sotto un’altra luce che non è di natura umana e riproducibile dagli uomini, ma è divina. Pretendere di conoscere Gesù alla luce dei ragionamenti che nascono dal cuore dell’uomo significa infittire il buio dell’enigma. La luce divina, che viene dalla persona stessa di Gesù, rende evidente agli Apostoli la relazione dialogica che si instaura tra il Maestro e i profeti. Hanno la conferma che Gesù è il Messia annunciato dai profeti ma al contempo la conferma della sua credibilità viene dalla voce del Padre: questi è il mio Figlio, l’amato.
Chi è Gesù? non è un quesito da test di cultura generale, ma è la drammatica domanda che il discepolo si pone mentre sperimenta il buio enigmatico della desolazione. La consolazione viene dall’ascoltare dal Figlio di Dio la Parola della Croce. Davanti al Crocifisso riconosco la vera gloria di Dio, il suo amore che arriva fino a dare la propria vita per me. La Parola della Croce rivela e comunica la luce consolatoria dell’amore di Dio che viene in aiuto a chi brancola nel buio per confermarlo nella scelta di amare fino alla fine.
Signore Gesù, spesso mi ritrovo quasi incastrato tra gli eventi drammatici della vita e costretto a domandarmi: tu chi sei? Una favola inventata, un mito creato nel tentativo di creare un effetto placebo contro le ribellioni degli uomini? Nei momenti bui ed enigmatici in cui qualsiasi direzione sembra essere quella sbagliata, possa ritirarmi un po’ con te, da soli e ascoltarti mentre mi parli. Possa, come Pietro, gioire davanti alla bellezza grande mistero del tuo amore. Non è bello stare sulla croce, ma è bello stare con te sulla croce! Tu sei salito sulla croce perché su di essa io potessi conoscerti. Non mi hai creato per essere un povero cristo rimasto in croce per sempre, ma perché, attraverso la croce, io potessi amarti con la stessa passione con la quale tu ami me.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!