Con Gesù la notte non è più notte, il buio come luce risplende
Con Gesù la notte non è più notte, il buio come luce risplende – Mercoledì della VI settimana del Tempo Ordinario(Anno dispari)
Gen 8,6-13.20-22 Sal 115
+ Dal Vangelo secondo Marco(Mc 8,22-26)
Il cieco fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa.
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo.
Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano».
Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».
Il racconto che fa l’evangelista Marco ha un sapore chiaramente simbolico e al lettore attento non sfuggono i richiami alle pagine precedenti. Innanzitutto si nota che i gesti terapeutici che Gesù compie sul cieco sono simili a quelli fatti per il sordomuto. Tuttavia c’è una peculiarità significativa in questo racconto: la progressività della guarigione. L’evangelista Marco spessissimo usa l’avverbio “subito” per indicare l’immediatezza degli effetti dell’azione sanante. Qui invece c’è un rallentamento nel tempo della narrazione. Tra le due azioni che Gesù compie c’è lo spazio del dialogo con il cieco che occupa una posizione centrale nel racconto. La scena è ambientata a Betsàida, che era il villaggio natio di Pietro. Un cieco è accompagnato da Gesù, infatti da solo non ci sarebbe mai potuto arrivare. Chi lo accompagna si fa anche suo portavoce chiedendo a Gesù di toccarlo per guarirlo. Abbiamo una comunità che si prende cura di un suo membro malato. Certamente nel villaggio ci sarà stato qualcuno che avrà usato dei medicamenti per curarlo, ma senza effetto. Quando l’uomo sperimenta l’inefficacia dei suoi mezzi per risolvere un problema comprende che non si tratta solo di un malessere fisico, ma che il disagio è da inquadrare ad un livello più profondo, nella dimensione spirituale. Gesù dunque si assume le sue responsabilità e prende per mano l’uomo infermo conducendolo fuori dal villaggio. Immaginiamo che il cieco si fosse abituato a muoversi nel villaggio, in quello spazio che gli era diventato familiare. Gesù invece lo conduce per mano fuori dello spazio conosciuto, verso un’incognita. Questo passaggio da dentro a fuori avviene con delicatezza attraverso il tocco familiare del prendere la mano. Ecco il primo contatto. Pietro e gli altri apostoli, dopo la Pasqua, rileggono questa esperienza vedendo in essa l’incontro e il cammino con Gesù. Essi si riconoscono in quel cieco guidato da Gesù in un campo a loro totalmente sconosciuto. Nella cecità del cieco intravediamo l’incapacità di vedere chiaramente il senso del nostro cammino, anche se siamo consapevoli che Lui ci tiene per mano. I gesti terapeutici di Gesù sono significativi. La saliva indica qualcosa che dalla propria intimità passa all’altro. È un gesto di profonda comunione intima. Quando Gesù è circondato dai suoi discepoli egli non dispensa pillole di saggezza, ma condivide con essi ciò che gli appartiene più profondamente, il suo Spirito. Lui infatti guida Gesù attraverso le tenebre della morte verso la luce che promana dal volto del Padre. Due volte Gesù impone le mani sugli occhi dell’uomo come due sono i passaggi dell’uomo, quando nasce e quando muore. Si viene alla luce una prima volta uscendo dal grembo materno ed entrando nel mondo, si rinasce quando si esce dal mondo e si entra nella comunione dei Santi. Nella prima nascita la luce ci permette di vedere, ma non distintamente perché è la luce propria del mondo, cioè la luce della sola ragione umana, nella seconda nascita ci raggiunge una luce, quella divina con la quale tutto è visto con gli occhi di Dio. La prima imposizione delle mani è il simbolo dell’esperienza che facciamo di Gesù come uomo, magari anche un grande profeta, un sapiente, un giusto. Perché si giunga a vedere con gli occhi di Dio, chiaramente e da lontano è necessario vivere con Gesù la Pasqua, passare attraverso la morte, dal modo di vivere secondo il mondo al modo di vivere luminoso proprio di Dio.
Signore Gesù, grazie perché mi prendi per mano, mi doni la tua Parola, mi fai sperimentare la potenza della tua misericordia, mi guidi pazientemente. Sento rivolta a me la domanda: vedi qualcosa? Mi fai prendere coscienza che il mio modo di vedere e concepire la vita, la mia capacità di discernimento delle situazioni che vivo non è chiara. Continua ad accompagnarmi con la tua Parola, tocca il mio corpo perché la tua grazia raggiunga la mia anima e, illuminato dalla luce della Croce, possa riconoscere la via della vita sulla quale mi stai conducendo per seguirti fino alla fine, al dono totale di me.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!